(Rinnovabili.it) – Dalla prima volta in cui qualcuno tentò di mettere a frutto la biomassa algale a oggi sono passati ben 57 anni. In questo lasso di tempo, la tecnologia è maturata costruendo le basi nuovo mercato nel campo delle fonti rinnovabili. Per esaminare da vicino gli ultimi progressi raggiunti in fatto di energia dalle alghe, basterà partecipare ad AquaFarm 2017, la nuova mostra-convegno dedicata alle tecnologie, ai prodotti e alle buone pratiche della produzione sostenibile di cibo dall’acqua. La manifestazione, organizzata da Pordenone Fiere dal 26 al 27 gennaio, si rivolge a un pubblico professionale e per due giorni affronterà i temi dell’acquacoltura mediterranea e della pesca sostenibile, ma anche della coltivazione delle alghe e di tutte le colture vegetali che si basano su tecniche idroponiche, acquaponiche e aeroponiche, che vanno sotto il nome di in-door & vertical farming.
Nello specifico, nella sessione Algochimica, saranno presentati i risultati di tre progetti dedicati all’energia dalle alghe. L’iniziativa FUEL4ME, finanziata nell’ambito del Settimo Programma Quadro (FP7) della UE e presentata da Dorinde Kleinegris, coordinatrice del progetto, punta a ottimizzare il processo di produzione, estrazione e raffinazione dell’olio dalle alghe, rendendolo un processo il più possibile continuo per ridurne i costi. La professoressa Kleinegris ne presenterà i risultati fino ad oggi ottenuti, anche con il contributo di aziende ed università italiane. Il progetto BIOFAT, anch’esso finanziato dall’FP7, che sarà presentato da Natascia Biondi dell’Università di Firenze, e ha come obiettivo quello di selezionare ceppi ad alta produttività, produrli con processi altamente ottimizzati e scalare l’impianto dal livello sperimentale a quello commerciale (10 ettari di superficie).
Infine, il nuovissimo PHOTOFUEL, finanziato nell’ambito di Horizon2020, punta a trasferire un gene di una pianta e a modificare o inibire l’espressione di altri presenti naturalmente in alcune specie di alghe verdi e azzurre (cianobatteri), mettendole in grado di produrre idrocarburi o precursori degli stessi, e soprattutto di espellerli quando opportunamente stimolate (stress). L’obiettivo è trasformare le alghe e i cianobatteri in biocatalizzatori, mini-impianti chimici a ciclo continuo, che non devono essere raccolti (che equivale a ucciderli) e “spremuti” per ricavare olio, che poi va trattato chimicamente per essere utilizzato come combustibile. In questo modo si punta ad aumentare la produzione di materie utili senza incrementare quella di biomassa e a ridurne i costi di estrazione e di trasformazione.