Rinnovabili

Bioenergie ‘made in Italy’: gli scenari della nuova agricoltura

Un convegno dedicato alle “potenzialità delle filiere dell’agro-energia e dell’efficienza energetica e sul ruolo strategico che l’agricoltura può svolgere per contribuire al mix energetico dell’Italia” – è stato questo in sintesi, il tema principale da cui è partito il workshop “De re rustica: Energia, Innovazione e Governance”, organizzato questa mattina presso la sede ENEA a Roma. L’incontro in particolare, ha messo in luce le attuali opportunità e problematiche relative allo sviluppo di sistemi e tecnologie in grado di ottimizzare in modo efficiente e sostenibile la produzione agro-energetica del Belpaese: gli esperti di settore hanno quindi potuto affrontare, nel corso dell’appuntamento, le diverse questioni legate, tra l’altro, alla diffusione degli impianti fotovoltaici nelle zone rurali a scarso rendimento e a basso impatto visivo, lo status normativo degli incentivi governativi alle rinnovabili e la coltivazione incontrollata del suolo agricolo in merito all’eccessivo aumento delle produzioni bioenergetiche (che rischiano di minare fortemente lo sviluppo sostenibile del sistema agricolo italiano).

Partendo da questi scenari, è stato inoltre evidenziato che nei prossimi 9 anni, le agroenergie potrebbero far risparmiare all’ambiente ben 40 milioni di tonnellate di Co2. Una cifra notevole se si considera che, secondo l’ENEA, tutto il sistema agro-alimentare richiede un consumo di energia pari a circa 20 Mtep, di cui 16,3 dalle imprese agricole e 3,1 dall’industria alimentare. E’ interessante notare che l’Agenzia Nazionale, ha già individuato – in collaborazione con alcune Università e aziende italiane di settore  – degli interventi mirati per il sistema agricolo riguardanti l’ottimizzazione energetica ed ambientale dei sistemi serra e delle produzioni biologiche, la riduzione degli sprechi alimentari, l’applicazione delle coperture vegetali agli edifici e la produzione di energia da biomassa. L’utilizzo del Biochar ad esempio, è stato presentato nel corso del convegno come tecnologia eco-compatibile per la produttività dei suoli. Questo carbone agricolo rappresenterebbe una vera e propria risorsa per l’agricoltura, dal momento che oltre a migliorare considerevolmente la fertilità del terreno (consentendo lo sviluppo agevolato di possibili colture “no-food”), è in grado di “sequestrare” carbonio nel suolo per migliaia di anni ed impedire quindi che lo sviluppo della “filiera bioenergetica” contribuisca all’aumento della CO2 in atmosfera.

Un altro aspetto importante ha riguardato infine il settore dei biocarburanti. L’intera produzione europea di biocombustibili sembrerebbe infatti concentrarsi per l’80% sul biodiesel (seguita al 20% dal bioetanolo), e le conseguenti strategie di sviluppo e di crescita del settore per il raggiungimento degli obiettivi previsti al 2020 richiederanno presto delle risposte concrete da parte dell’Ue: “In primo luogo dovrà esserci una regolamentazione seria del commercio mondiale del biodiesel.” – ha dichiarato Vito Pignatelli dell’ENEA – “Ci sono infatti paesi che sovvenzionano le loro esportazioni per rendere il loro prodotto più competitivo rispetto a quello europeo e questo può essere un problema dal punto di vista della produzione Ue.” “Un’altra cosa da fare – continua Pignatelli – è quello di produrre il biodiesel con una pluralità di materie prime. Quello che andrebbe visto ed esplorato al livello europeo e soprattutto in Italia, non è solo quello di sfruttare le poche e principali colture olaeginose, ma anche altre colture più rustiche che sono a loro volta in grado di fornire le materie prime necessarie alla produzione di questo biocombustibile.”

 

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