(Rinnovabili.it) – La Samarco sapeva ma non fece nulla: questo quanto sostengono i documenti presentati dai PM brasiliani sul caso del crollo della diga Fundão. Rapporti rimasti per lungo tempo nascosti ma che mostrerebbero l’inerzia della compagnia mineraria di fronte a quella che era stata la valutazione dei rischi infrastrutturali dell’opera. Rischi che si sarebbero puntualmente dimostrati reali: il 5 novembre 2015 la struttura è collassata, provocando il più grande disastro ambientale del Brasile. La diga, infatti, faceva da barriera a un imponente bacino per la raccolta dei fanghi di una miniera di ferro. Il crollo ha fatto sì che oltre 50 milioni di litri d’acqua e rifiuti minerari si riversassero sul vicino villaggio, provocando la morte di 19 persone, contaminando le riserve idriche e spazzando via per chilometri e chilometri flora e fauna.
Nel 2016 la Procura federale ha portato in tribunale la proprietaria della miniera, la Smarco, joint venture tra il colosso minerario brasiliano Vale e la multinazionale anglo-australiana BHP Billiton, con l’accusa di omicidio e reati ambientali. Nello stesso anno è anche stata avviata un’azione civile – ancora in fase di negoziazione – per il risarcimento danni.
Le accuse arrivavano alla fine di una complessa indagine durata quasi un anno e nata proprio dal sospetto che l’azienda fosse al corrente dei pericoli legati alla diga, ma abbia evitato di prendere contromisure. Al contrario, la politica aziendale avrebbe imposto di aumentare la produzione mineraria nella regione alcun tipo di precauzione. Una tesi a prima vista confermata dai documenti portati in tribunale dai pubblici ministeri che oggi rincarano la dose: “Hanno dato priorità ai profitti lasciando la sicurezza al secondo posto”.
I testi, parte delle centinaia di prove presentate alla corte dai PM, riportano alcune stime sulle massime perdite possibili legate ad un crollo della struttura, quantificandole in numero di vittime e impatti su suolo, acque e biodiversità (quantificati in un costo di 3,4 miliardi di dollari). Samarco, Vale e BHP Billiton hanno respinto le accuse, dichiarando che la sicurezza è sempre stata una priorità per la compagnia e che la diga fosse conforme alla legislazione brasiliana. Separatamente dall’azione civile, le tre società hanno stretto un accordo con il governo federale e quello statale nel marzo 2016 per avviare un programma di pulizia e ricostruzione, che ha richiesto sino a oggi oltre un miliardo di dollari.