(Rinnovabili.it) – Pesca, inquinanti e acidificazione degli oceani stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza dei coralli. Per questi animali il pericolo sembra ora arrivare anche da un altro fronte fino ad oggi abbastanza sottovalutato: le creme solari.
Molti filtri solari comunemente venduti contengono oxybenzone (benzophenone-3 o BP-3), un composto chimico capace di respingere gli UV e presente in ben 3.500 marche di creme e lozioni protettive. Peccato che l’oxybenzone sia letale per i polipi neonati e fortemente tossico per quelli adulti. Una nuova ricerca pubblicata su Archives of Environmental Contamination and Toxicology, ha scoperto che questo composto si trova in concentrazioni particolarmente elevate proprio intorno alle più popolari barriere coralline, in particolare quelle alle Hawaii e nei Caraibi.
Craig Downs, autore dello studio e ricercatore del Laboratorio ambientale Haereticus, sostiene d’aver contribuito a spiegare perché ormai da tempo non si vedano più le larve del corallo nelle aree marine di zone di villeggiatura. “Abbiamo esaminato gli effetti dell’oxybenzone sulla forma larvale (planula) del corallo Stylophora pistillata, così come la sua tossicità in vitro su cellule di questo polipo e altre sei specie di corallo”, scrive lo scienziato definendo il composto “foto-intossicante”. In altre parole gli effetti nocivi della molecola sono ulteriormente aggravati dalla luce. L’Oxybenzone altera il DNA rendendo il corallo più suscettibile allo sbiancamento, e si comporta anche da distruttore endocrino scheletrico, causando una ossificazione nella planula che di conseguenza si chiude in se stessa e muore.
L’aspetto più drammatico è costituito però dal fatto che basta una ridotta quantità per provocare dei danni irreversibili. Gli effetti tossici della molecola sono stati osservati con concentrazioni a partire da 62 parti per trilione, che equivale a una goccia d’acqua in sei piscine olimpioniche e mezzo. E nelle Hawaii e nei Caraibi, le concentrazioni sono risultate 12 volte superiori allo standard minimo di tossicità. Lo studio non fa che aggravare le numerose perplessità che il BP-3 si trascina dietro. Nonostante le secche smentite da parte dell’American Academy of Dermatology infatti, c’è chi – come l’Environmental Working Group – continua a sostenere che questa sostanza sia in grado di causare cambiamenti ormonali e cellulari anche nell’uomo.