(Rinnovabili.it) – Ritardi, proroghe ed evidenti difficoltà: a ormai un anno di distanza dall’incidente, la Costa Concordia è ancora accasciata sugli scogli dell’Isola del Giglio, con enormi rischi per l’ecosistema marino, legati alla presenza di numerose sostanze tossiche presenti nella nave. Come riferito da Legambiente in un comunicato diffuso poco fa, i lavori di messa in galleggiamento e rimozione del relitto hanno tempistiche sempre meno chiare, con ritardi accumulati che hanno fatto slittare a settembre 2013 l’inizio dei lavori: un’operazione che, oltre agli alti costi (superiori ai 400 milioni di dollari) mostra tutta la sua vulnerabilità a scapito non solo dell’ecosistema marino, ma anche dell’immagine e dei flussi turistici dell’Isola. Mantenere lo stato d’emergenza e accelerare i tempi di rimozione della Concordia sono per il Presidente Nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, le due azioni prioritarie per poter ripristinare al più presto l’ecosistema marino. «Per quanto riguarda lo spostamento della nave – ha aggiunto Cogliati Dezza – è necessario portarla a Piombino, che è il porto più vicino, e non a Palermo o in altre città lontane, così da ridurre al massimo il pericolo di inabissamento».
Anche Greenpeace nei giorni in cui si ricorda il triste accaduto, si domanda fino a che punto l’incidente e il successivo naufragio sono stati solo frutto del caso. In attesa di quello che sarà l’esito del processo, l’associazione ha diffuso un documento, nel quale, oltre alla prevedibilità di certi incidenti legati all’affollamento delle rotte marine e alla pratica degli inchini, si espone anche una certa perplessità sull’atteggiamento assunto dalle Istituzioni italiane, non solo con il caso Concordia, ma anche in altre situazioni, come il traghetto della Grimaldi che ha disperso in mare 200 fusti di sostanze tossiche, il cargo turco la “Mersa 2” arenato all’Isola d’Elba e un altro traghetto sempre della Grimaldi che ha disperso tir e rimorchi al largo di Palermo.