I ricercatori hanno testato 26 modelli previsionali sui dati relativi al 1986-2005. I più affidabili sono stati impiegati per disegnare la mappa del clima del Medio Oriente fino al 2100. Con risultati allarmanti
(Rinnovabili.it) – Il numero dei rifugiati climatici dal Medio Oriente aumenterà drammaticamente nei prossimi decenni. Lo affermano i ricercatori del Max Planck Institute di Monaco e del Cyprus Institute di Nicosia in uno studio appena pubblicato, sottolineando che il limite al riscaldamento globale pattuito alla COP21 non basta per escludere questo scenario. Il risultato sarà che vaste zone del Medio Oriente e del Nord Africa diventeranno di fatto inabitabili.
Forse sarebbe bene prestare più attenzione a queste previsioni. Pochi anni prima del 2011, quando le rivolte del mondo arabo erano ancora di là da venire, molti ricercatori avevano lanciato l’allarme: i cambiamenti climatici in corso stavano mettendo in ginocchio popolazioni e destabilizzando Stati interi. È sotto gli occhi di tutti com’è andata a finire.
Jos Lelieveld, direttore del Max Planck Institute, ha studiato insieme ai suoi colleghi la probabile evoluzione delle temperature nel quadrante mediorientale fino al 2100. Con risultati allarmanti. Anche se la Terra, globalmente, si riscalderà in media “solo” di 2° rispetto all’epoca pre-industriale, la temperatura estiva in questa regione salirà più di due volte più rapidamente.
Significa che d’estate, entro il 2050, la notte il termometro non scenderà sotto i 30° e a mezzogiorno si scioglierà regolarmente a 46°, per toccare i 50° alla fine del secolo.
I ricercatori hanno testato 26 modelli previsionali sui dati relativi al 1986-2005. I più affidabili sono stati impiegati per disegnare la mappa del clima del Medio Oriente fino al 2100.
Nel periodo 1986-2005 i giorni estremamente caldi erano in media 16 l’anno, destinati a salire a 80 entro il 2050 e addirittura a 118 cinque decenni più tardi. Questo scenario resta immutato, sottolineano dall’Istituto, anche se le emissioni di CO2 dovessero declinare dopo il 2040. Tradotto: se si vuole evitare il disastro e bloccare o ridurre il numero dei rifugiati climatici bisogna agire subito.
Il quadro viene aggravato dagli “effetti collaterali” di questi cambiamenti climatici. Le ondate di calore, spiegano i ricercatori, dureranno più a lungo. E peggiorerà anche la qualità dell’aria. Dal 2000 a oggi i dati dimostrano che la polvere del deserto in sospensione nell’atmosfera è cresciuta del 70% in Arabia Saudita, Iraq e Siria.
La causa? Le tempeste di sabbia che dipendono dalla siccità prolungata. Già nel 2015 Siria e Libano sono state colpite da tempeste anomale, “fuori stagione”. Anche questo fattore è destinato a peggiorare in futuro. Nell’area vivono oggi circa 500 milioni di persone, che nei prossimi decenni potrebbero trovarsi costrette a migrare come rifugiati climatici.