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Corea del Sud, ancora centrali a carbone in barba alla COP21

Seul annuncia la chiusura di 10 impianti, ma intanto ne apre altri 20 nuovi di zecca: di abbandonare il carbone non se ne parla proprio

Corea del Sud, ancora centrali a carbone in barba alla COP21

 

(Rinnovabili.it) – La Corea del Sud ha annunciato che chiuderà 10 centrali a carbone entro il 2025 per rispettare l’impegno preso con l’accordo sul clima di Parigi. Di questi impianti, 8 saranno definitivamente chiusi, mentre gli altri 2 saranno convertiti a biomassa. Anche se la decisione proviene dal 10° paese al mondo per emissioni di gas serra, non è in realtà un genuino passo in avanti, visto che il governo di Seul continua a tenere il piede in due scarpe: di abbandonare il carbone non se ne parla proprio.

Attualmente il carbone pesa per il 40% del mix energetico del paese. Seul ha in previsione ben 37 miliardi di dollari di investimenti nelle rinnovabili entro il 2020 e si è data l’obiettivo di tagliare i livelli di polveri sottili del 24% (rispetto al 2015) entro il 2030. Tutto ciò dovrebbe effettivamente modificare il mix energetico della quarta economia dell’Asia, riducendo la quota oggi occupata dalle fossili.

 

Se non fosse che proprio mentre annunciava il presunto rispetto degli accordi presi a livello internazionale, il ministro dell’Energia coreano ha allo stesso tempo compiuto un considerevole passo indietro. Prima ha confermato che il governo spenderà quasi 9 mld di dollari per un upgrade degli impianti esistenti – ad oggi sono 43, di cui 8 risalenti a oltre 20 anni fa. E poi ha ribadito che Seul è più determinata che mai a proseguire lungo la strada delle fossili: entro il 2022 la Corea costruirà ben 20 nuove centrali a carbone.

Quale sarà il risultato di questa mossa è immediatamente chiaro: i nuovi impianti faranno impennare le importazioni di carbone, e anche le emissioni e l’inquinamento. D’altronde la Corea è attualmente il quarto importatore di questa risorsa a livello mondiale, e i prezzi di mercato sono crollati del 70% rispetto al picco del 2008, rendendolo economicamente conveniente.

In fondo anche l’impegno preso a Parigi era piuttosto debole, di fatto solo una misura di facciata: Seul aveva promesso il taglio del 37% di gas serra entro il 2030, calcolato però non sui livelli attuali o passati, ma su uno scenario business-as-usual al 2030.