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La COP22 consegna l’agricoltura dell’Africa alle multinazionali

La COP22 consegna l’agricoltura dell’Africa alle multinazionali

 

(Rinnovabili.it) – L’Accordo di Parigi è entrato in vigore in tempo record, in confronto ad altri trattati internazionali: meno di un anno. La COP22 che si è appena chiusa a Marrakesh, però, ha smorzato l’entusiasmo. Poche decisioni e di carattere generale, passi avanti che si misurano sulla scala dei millimetri, blocco totale delle trattative in alcuni ambiti. La “COP dell’azione” si è rivelata ben altro, dimostrando che una cosa è approvare un accordo come quello di Parigi, ma ben altra impresa è raccogliere il consenso di tutti su come tradurlo in pratica.

 

Le mani dell’agrochimica sulla COP22

Tra i settori più dimenticati dal summit di Marrakesh c’è l’agricoltura. Il motivo non è (soltanto) il disaccordo tra i delegati sulle misure da implementare, quanto le mille pressioni delle multinazionali, che nelle due settimane della COP22 sono state abbondantemente presenti, anche agli incontri a porte chiuse. In ballo ci sono interessi globali che si concentrano soprattutto sull’Africa, per tutelare i quali le grandi corporation preferiscono rallentare le trattative globali e procedere più spediti (e meno controllati) con iniziative bi- o multilaterali.

Non a caso, mentre la COP22 sull’agricoltura ha registrato solo un enorme buco nell’acqua, continuano al contrario iniziative come la Nuova alleanza per la sicurezza alimentare e la nutrizione (lanciata in sede di G7), oppure l’Adattamento dell’agricoltura africana (AAA), sponsorizzata dal Marocco e sostenuta economicamente dal gruppo Danone. Di cui si è discusso anche a Marrakesh. “Questa moltiplicazione di iniziative in parallelo ai negoziati ufficiali, oltre a complicarli, crea il terreno ideale per false soluzioni e green-washing, osserva l’Ong CCFD-Terre solidaire.

Iniziative che propongono come soluzione una industrializzazione dell’agricoltura, con largo uso di Ogm, pesticidi e fertilizzanti chimici (il Marocco, peraltro, è il più grande produttore mondiale di fosfato, ingrediente alla base di molti prodotti agrochimici). L’interesse delle multinazionali quindi è mettere le mani su grandi estensioni di terra in nome dello sviluppo sostenibile, in realtà per piazzare i loro prodotti. Una forma più sofisticata di land grabbing, insomma. Non solo: allo stesso modo, puntare su meccanismi di compensazione del carbonio è il grimaldello per impossessarsi di altre fette di terra.

 

Finanziamenti dirottati

cop22
Miguel Arias Cañete

E ci sono tentativi anche più insidiosi. Ad esempio quello di AAA, che tenta di dirottare i finanziamenti che gli Stati danno al Fondo per l’Adattamento (previsto dal capitolo sui finanziamenti climatici dell’Accordo di Parigi) sulle proprie iniziative. Che non sono a favore dell’adattamento climatico, né per la popolazione locale, ma verranno usati per distribuire le tecnologie e i prodotti delle corporation e garantirsi profitti enormi a costo zero.

Lo stesso tentativo lo stanno provando a fare giganti francesi come Suez e Veolia, che tramite la proposta di costruire impianti di desalinizzazione vogliono anche legittimare la gestione privata dell’acqua. Un altro colosso come Engie partecipa a progetti “verdi”, sponsorizzati dalle autorità nazionali (ad esempio, di nuovo, in Marocco), per ottenere in cambio i permessi per impianti inquinanti – una centrale a carbone a Safi – e del tutto contrari alla transizione energetica tanto sbandierata.

Chi spera che questo andazzo possa venire controbilanciato dalla politica dell’Unione Europea probabilmente si sbaglia di grosso. Il capo delegazione Ue a Marrakesh, Miguel Arias Cañete, dedica da due anni l’80% del suo tempo a incontrare rappresentanti delle grandi industrie, soprattutto nel settore energetico e delle fossili, mentre alle energie rinnovabili (per non parlare delle Ong) restano le briciole. Incontri di cui la COP22, rispetto al business as usual a Bruxelles, è stata solo la continuazione in altra sede.

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