Limitare la temperatura a 1,5 °C, raggiungere il 100% rinnovabili e le zero emissioni al 2050. Le richieste dei poveri per battere il cambiamento climatico
(Rinnovabili.it) – La COP 21 si è aperta da 24 ore ed è entrata subito nel vivo. Il gruppo dei 43 Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico (CVF) ha già depositato le sue richieste: per non finire travolti dall’innalzamento del livello dei mari nei prossimi anni, dalle alluvioni e dalle siccità, propongono una soluzione ambiziosa: inserire nell’accordo finale l’obbligo di limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5 °C entro il 2100 rispetto ai livelli preindustriali. Un simile traguardo presuppone una serie di altri impegni, come quello delle emissioni zero entro metà secolo (il picco dovrebbe avvenire al più tardi nel 2020) e una produzione energetica 100% rinnovabili al 2050.
Questi target sono ben più ambiziosi di quelli sul tavolo della COP 21, e difficilmente verranno accettati dai Paesi ricchi, recalcitranti all’idea di promuovere trasformazioni poderose della propria economia. Anche l’obiettivo dei 2 °C – peraltro mancato clamorosamente dalla somma degli impegni attuali depositati da più di 180 Paesi membri dell’UNFCCC – è considerato ormai troppo poco cautelativo.
O tutto o niente: così i Paesi poveri si giocano la pelle
Altra richiesta pesante del Climate Vulnerable Forum è l’inclusione di un meccanismo internazionale in grado di affrontare le perdite e i danni (loss & damage) che il climate change provoca alle nazioni più deboli. Questo è un punto critico nei negoziati, perché i Paesi ricchi temono di essere costretti a pagare il conto per i danni permanenti causati dai cambiamenti climatici indotti principalmente dalla loro industrializzazione selvaggia. Il ragionamento non farebbe una piega, ma gli interessi particolari non seguono mai una logica stringente.
Il gruppo dei 43 Stati più vulnerabili rivendica anche la necessità di formalizzare l’impegno a raggiungere i 100 miliardi di finanziamenti climatici entro il 2020, toccando l’ennesimo nervo scoperto della trattativa. In particolare, il CVF preme per una equa suddivisione dei fondi tra mitigazione (riduzione delle emissioni) e adattamento (misure per far fronte agli eventi meteorologici estremi). Al momento, la grande maggioranza dei (pochi) fondi disponibili è catalizzata da progetti del primo tipo, che fruttano maggiori ritorni ai finanziatori.
100 milioni di persone a rischio con l’obiettivo dei 2 °C
Il ministro degli Esteri del Costa Rica, Manuel Gonzalez, ha detto che l’esperienza del suo Paese dimostra ridurre le emissioni potrebbe aumentare piuttosto che danneggiare la crescita economica: «Mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi non solo garantisce sicurezza e prosperità, ma anche giustizia», ha affermato.
Il Forum dei Paesi vulnerabili include le economie meno sviluppate e i piccoli Stati insulari, dalle Filippine al Bangladesh, dal Costa Rica all’Etiopia, fino alle Maldive.
Saleemul Huq, direttore del Centro internazionale per i cambiamenti climatici e lo sviluppo (ICCCAD), con sede a Dhaka, ha detto in una riunione a margine dei negoziati che concordare un limite di 2 °C significa mettere a repentaglio la vita di 100 milioni di persone.
Il presidente Filippino, Benigno S. Aquino III, ha denunciato le 50 mila vite che ogni anno il cambiamento climatico miete nel suo Paese con tempeste e inondazioni.