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COP17: sfuma l’ipotesi di un accordo vincolante

Il vertice sudafricano sui cambiamenti climatici si avvia alla conclusione con il rischio di portare ancora una volta ad un nulla di fatto. E’ lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite ad esprimere le prime perplessità

La firma di un trattato internazionale vincolante è, oggi, fuori dalle possibilità”. Questa l’amara sentenza del numero uno delle Nazioni Unite a tre giorni dalla fine del Summit di Durban. Parlando ai partecipanti della 17a sessione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), il Segretario Generale Ban Ki-moon ha esortato ancora una volta i paesi a non perdere lo slancio e a mostrare una determinata leadership per far avanzare i negoziati. Da ieri i delegati di 190 Paesi sono entrati nel loro primo giorno di colloqui ad alto livello, senza la possibilità però di fare alcuna previsione in merito. Sul piatto c’è l’attuazione di quanto concordato lo scorso anno a Cancun ed un nuovo accordo climatico, ma l’ostacolo più arduo da superare sembra essere quella visione globale e condivisa in merito all’urgenza dell’azione.

Il vero e proprio freno sul tavolo dei negoziati è rappresentato dai tempi del nuovo trattato. Le due ipotesi, che venga riproposto un Kyoto-bis a copertura degli anni che precedono un nuovo accordo globale al 2020 o puntare allo step del 2015, non hanno soluzioni facili e anche l’apertura in questi giorni della Cina sembra complicare la matassa più che dirimerla. La super potenza asiatica, oggi al vertice per emissioni di CO2, si è detta favore di obblighi vincolanti sul clima, ma non prima del 2020. Solo allora, ha commentato dal palco sudafricano il ministro cinese Xie Zhenhua, si potrà pensare “anche a negoziare un documento giuridicamente vincolante”.

“Il tempo non è dalla nostra parte”

La svolta che il pianeta attende sembra essere molto lontana ed è lo stesso Ban a denunciare il clima disorientante. “Dobbiamo essere realistici sulla possibilità di ottenere una svolta qui a Durban – ha commentato il segnatario generale dell’Onu -. Le ragioni le sappiamo, gravi problemi economici in molti Paesi, differenze politiche importanti, priorità e strategie di risposta ai cambiamenti climatici divergenti Ma vorrei sottolineare: nessuna di queste incertezze ci deve impedire di fare reali progressi qui a Durban […]Il mondo e la sua gente non può accettare ‘no’ come risposta a Durban”. Sottolineato l’urgenza del momento, il leader delle Nazioni Unite ha ricordato che “il tempo non è dalla nostra parte”, e che le nazioni devono agire ora prima di raggiungere un punto di non ritorno.

“La scienza è chiara”, ha affermato citando i rapporti del World Meteorological Organization (WMO) e del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) che asseriscono che le emissioni di carbonio sono ai loro livelli più alti nella storia e che di gas serra debbano necessariamente essere ridotti della metà entro il 2050 per evitare conseguenze irreversibili. A stare a cuore a Ban è soprattutto la questione dei finanziamenti verdi per le popolazioni più vulnerabili al Climate Change. Quanto concordato alla conferenza dello scorso anno a Cancun, quando i membri dell’UNFCCC hanno deciso di creare un fondo per il clima che avrebbe aiutato le nazioni in via di sviluppo a proteggersi da impatti climatici e costruire il proprio futuro sostenibile, rimane perlopiù ancora solo sulla carta. L’appello rivolto dal summit di Durban ai paesi industrializzati è quello di iniettare capitale per permettere al fondo di entrare in funzione, perché, ha spiegato Ban, “aiutare i più vulnerabili è un obbligo e un investimento intelligente in un futuro sostenibile”.

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