In Italia il 20% della costa è compromessa in modo irreversibile. Ma il consumo di suolo va oltre, invadendo parchi, fiumi, laghi, pianure e montagne
(Rinnovabili.it) – Un quinto della fascia costiera italiana è persa per sempre. Oltre 500 km quadrati, l’equivalente del perimetro della Sardegna vittima del consumo di suolo. È stato impermeabilizzato il 19,4% del terreno compreso tra 0 e 300 metri di distanza dalla costa e quasi e il 16% compreso tra i 300-1000 metri. Addio anche a 34 mila ettari all’interno di aree protette, il 9% delle zone a pericolosità idraulica e il 5% delle rive di fiumi e laghi. Nessuna pietà nemmeno per le zone non consumabili (montagne, aree a pendenza elevata, zone umide), sul 2% delle quali è arrivata una colata di cemento.
La mappa dell’orrore porta la firma dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che ha diffuso una cartografia ad altissima risoluzione con il suo rapporto 2015 sul consumo di suolo, presentato stamattina a Milano.
Il cemento distrugge anche l’agroalimentare
L’Italia del 2014, secondo l’ISPRA perde ancora terreno, anche se la velocità si è ridotta. Ora si attesta sui 6-7 m2 al secondo. Le stime valutano al 7% la percentuale di suolo impermeabilizzato (il 158% in più rispetto agli anni ’50), ma l’impatto indiretto è molto più vasto. Oltre la metà del territorio italiano, infatti, è intaccato e impoverito dalla cementificazione.
A farne le spese sono in primo luogo le aree agricole coltivate (60%), quelle urbane (22%) e le terre naturali vegetali e non (19%). Le periferie e le aree a bassa densità stanno vivendo il fenomeno nella sua forma peggiore: le città si espandono senza pianificazione, dando luogo al cosiddetto sprawl urbano, con crescita esponenziale del rischio idrogeologico.
I nostri governi stanno consentendo anche la copertura dei terreni più produttivi al mondo: in Pianura Padana, il consumo è salito al 12%. Le ricadute non sono unicamente ambientali, ma drammaticamente sociali: in un solo anno, oltre 100 mila persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani.
I campioni nazionali del consumo di suolo
Nella classifica delle regioni più cementificate, si confermano il primo gradino del podio è sempre occupato da Lombardia e Veneto (intorno al 10%). La Liguria vince le maglie nere per la copertura di territorio entro i 300 metri dalla costa (40%), la percentuale di suolo consumato entro i 150 metri dai corpi idrici e quella delle aree a pericolosità idraulica. Tra le zone a rischio idraulico la palma del peggiore va all’Emilia Romagna, con oltre 100 mila ettari di superficie. Monza e Brianza, ai vertici delle province più cementificate, raggiunge il 35%, mentre i comuni in provincia di Napoli, Caserta, Milano e Torino oltrepassano il 50%, con punte anche del 60%. Il record assoluto, con l’85% di suolo sigillato, va al piccolo comune di Casavatore, nel napoletano.
Retorica a parte, il rapporto ISPRA sul consumo di suolo traccia il quadro becero di un Paese che ogni anno dilapida possibilità economiche ed ecologiche, soffocando l’ambiente e mettendo a rischio i cittadini, in uno scempio di cui non si vede la fine. Il disegno di legge presentato 15 mesi fa si è perso nelle nebbie delle Commissioni Ambiente e Agricoltura, e nessuno ne fa più parola. È per questo che ieri, Legambiente, FAI e WWF hanno inviato una lettera ai deputati per uscire dal letargo su un tema scottante e approvare il ddl.