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Bacino del Congo: la foresta pluviale distrutta da migliaia di nuove strade

Una ricerca satellitare della James Cook University ha fotografato il continuo crescere delle vie di comunicazioni nel centro Africa, aumentate di 87 mila km in 15 anni.

foresta pluvialeLe vie di comunicazione aperte nella foresta pluviale dalle grandi compagnie di legname lasciano campo aperto a bracconaggio e agricoltura intensiva

 

(Rinnovabili.it) – La deforestazione nel Bacino del Congo cresce a ritmo esponenziale anche grazie alla continua costruzione di strade e vie di trasporto all’interno della foresta pluviale: il collegamento tra i due fenomeni è illustrato in una ricerca condotta dalla James Cook University, in Australia, pubblicata sulla rivista scientifica Nature Sustainability.

 

Secondo gli studiosi australiani, la percentuale di territorio disboscato per costruire nuove vie di comunicazione nel Bacino del Congo è quadruplicata rispetto ai primi anni 2000. Utilizzando immagini satellitari e rilevazioni in loco, i ricercatori hanno stimato che la lunghezza complessiva delle strade aperte nelle foresti pluviali africane sia passata dai 144 mila chilometri del 2003 agli attuali 231 mila chilometri, con un aumento di 87 mila chilometri.

 

“La situazione nel Bacino del Congo è delle più preoccupanti: le nuove strade aprono un vaso di Pandora di attività illecite come deforestazione illegale, miniere abusive, bracconaggio e speculazione – ha commentato il professor Bill Laurence, coautore della ricerca – Il disboscamento industriale è la chiave economica per la costruzione di gran parte delle strade: molte nuove vie vengono abbandonate, ma altre sono utilizzate da agricoltori che tagliano e bruciano i terreni (per renderli coltivabili, ndr) e bracconieri per penetrare all’interno delle foreste pluviali sopravvissute”.

 

Un fenomeno che ha portato all’abbattimento della popolazione di alcuni dei più grandi mammiferi della regione come gli elefanti (il cui numero è calato di 2/3 negli ultimi 10 anni), gorilla e scimpanzé.

 

La Repubblica democratica del Congo è lo Stato che più soffre la deforestazione legata alla costruzione di nuove strade con un tasso di incidenza 2-3 volta maggiore rispetto agli altri Stati della Regione. Un primato che si spiega con l’estensione della RDC, il più grande Stato centroafricano, ma anche con i progetti industriale dell’ex Zaire, che nel 2018 ha destinato 650 mila ettari di foresta vergine a imprese di legname cinesi.

 

Il commercio di legname è una delle principali fonti commerciali della regione, di qui la difficoltà a contenere il fenomeno del disboscamento; la ricerca tuttavia suggerisce una possibile gestione intelligente delle aree forestali esauste: secondo quanto osservato dagli studiosi, le zone disboscate abbandonate riescono rapidamente a rigenerarsi. Se le compagnie di legname, una volta esaurite le proprie attività commerciali, distruggessero ponti e strade costruite per raggiungere tali regioni, renderebbero più difficile la penetrazione di bracconieri, imprenditori agricoli e minerari illegali contrastando la definitiva deforestazione delle aree.

 

A fine aprile, il Global Forest Watch ha pubblicato il report sulla deforestazione nella aree tropicali nel 2018: in appena un anno sono andati persi 12 milioni di ettari di foreste, un’area pari alla Gran Bretagna. Di questi, 3,6 milioni di ettari erano foreste tropicali originarie ovvero quelle più antiche e con la maggiore capacità di assorbire CO2. Il report segnalava come proprio l’emergere di alcuni Stati del centro Africa innalzi la media mondiale di deforestazione in aree tropicali: se nel 2002, Brasile e Indonesia rappresentavano il 71% delle foreste tropicali abbattute, nel 2018 la loro quota si attesta al 46%, mentre cresce il contributo di Paesi come Ghana e Costa d’Avorio.

 

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