(Rinnovabili.it) – Quando l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha valutato «probabilmente non cancerogeno» il glifosato, smentendo per la prima volta l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), i nomi degli esperti e degli studi utilizzati non sono stati resi pubblici. Invece, in calce all’opinione del comitato congiunto di scienziati che ieri ha ribadito la non cancerogenicità del glifosato assunto in alimenti e bevande, le firme ci sono. Si tratta di 18 esperti internazionali, il cui elenco è disponibile al pubblico.
Il gruppo di esperti (la sigla è JMPR, che sta per Joint Meeting on Pesticide Residues) è amministrato congiuntamente dalla Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il JMPR si riunisce regolarmente per esaminare le analisi dei pesticidi, stimare l’entità e i livelli massimi dei residui, rivedere i dati tossicologici e definire le dosi giornaliere ammissibili (ADI) per l’uomo. Le sue raccomandazioni vengono poi trasmesse alla Commissione del Codex Alimentarius, organo delle Nazioni Unite deputato ad elaborare regole e standard su cui si basano molte normative nazionali. Il Codex Alimentarius è parametro di riferimento per molti accordi sul commercio internazionale, pur garantendo un livello di protezione dei consumatori inferiore a quello che l’EFSA (glifosato a parte) garantisce ai cittadini europei.
Il problema sorge quando si scava dentro alla storia dei singoli esperti, che dentro queste grosse organizzazioni ricoprono cariche fondamentali per l’avvio dei processi normativi. È su di loro, uomini e donne sconosciuti al grande pubblico, che si concentra la pressione delle grandi multinazionali.
Monsanto sull’orlo del baratro
Da alcuni osservatori è sorto più di un sospetto sulla possibilità che vi sia lo zampino della Monsanto dietro a questa nuova revisione del glifosato. Essa sembra sovvertire, a due giorni dalla decisione europea sul rinnovo dell’autorizzazione, il parere di un’altra agenzia dell’OMS, la IARC.
L’erbicida vale un terzo dei 15 miliardi di dollari di fatturato annuo della società e dunque è un elemento chiave per il business, anche perché viene venduto insieme a sementi OGM ad esso resistenti. Dopo il parere della IARC, Monsanto deve difendersi da diverse cause legali: migliaia di persone si sono rivolte alla giustizia con l’accusa di aver contratto il cancro tramite la contaminazione da glifosato. I querelanti sostengono che l’azienda fosse al corrente dei rischi, ma si sia ben guardata dall’informare il pubblico.
Monsanto ha contrattaccato, facendo causa allo Stato della California nel tentativo di costringere la IARC a rimangiarsi la classificazione del suo erbicida tra i probabili cancerogeni.
In questa battaglia scientifica sono in ballo cifre a dieci zeri. Troppo alte perché tutto fili pulito, senza interferenze.
I legami della scienza con il glifosato
E infatti, grazie al lavoro di indagine delle organizzazioni ambientaliste che osservano il processo, sappiamo che vi sono forti dubbi sulla valutazione rassicurante prodotta dal JMPR. Alcuni membri del panel sono legati, infatti, all’International Life Sciences Institute (ILSI), ente no profit finanziato da numerose aziende chimiche (tra cui Monsanto), farmaceutiche e dell’agroalimentare. Nel consiglio di amministrazione dell’ILSI siedono, tra gli altri, dirigenti di Monsanto, Syngenta, DuPont e Nestlé.
Documenti ottenuti da una richiesta di accesso agli atti suggeriscono che l’istituto abbia ricevuto, nel 2012, 2,4 milioni di dollari in totale. In particolare, Monsanto e CropLife International avrebbero donato ciascuno 500 mila dollari.
Tra gli scienziati della FAO e dell’OMS coinvolti nella revisione del glifosato pubblicata ieri, i sospetti cadono su tre nomi:
- Alan Boobis, direttore dell’unità di tossicologia nella facoltà di medicina dell’Imperial College di Londra, è stato presidente del cda dell’ILSI e ora ne è un membro.
- Angelo Moretto, direttore del Centro Internazionale per gli Antiparassitari e la Prevenzione rischi per la salute a “Luigi Sacco” all’ospedale Fatebenefratelli di Milano, ha lavorato su progetti dell’ILSI. Inoltre, si è dimesso da uno dei panel dell’EFSA per non aver dichiarato i suoi conflitti di interessi nella valutazione delle sostanze chimiche.
- Aldert Piersma, scienziato dell’Istituto Nazionale per la salute pubblica e l’ambiente nei Paesi Bassi e consulente dell’ILSI.
Nonostante il portavoce dell’OMS, Tarik Jasarevic, abbia difeso l’indipendenza di tutti e 18 gli scienziati, restano dubbi sull’opportunità che alcuni di loro rivestano ruoli di tale importanza strategica per la salute globale pur lavorando a stretto contatto con le lobby dei pesticidi più grandi del mondo.