Il Pacific Institute presenta uno strumento che combina dati climatici, sociali e storici per prevenire i conflitti idrici
(Rinnovabili.it) – Nel futuro, non saranno oro e petrolio le risorse più preziose del pianeta. Questo perché, nell’ambito dello sviluppo economico mondiale, la crisi climatica farà dell’acqua la più importante – e quindi richiesta – risorsa naturale. La conseguenza di ciò sarà una crescita notevole dei conflitti idrici, vale a dire conflitti armati per l’approvvigionamento e lo sfruttamento delle risorse idriche destinati ad aumentare nei prossimi anni. Come dimostrano le recenti statistiche diffuse dal Pacific Institute della California, gli atti di violenza e criminalità legati ai conflitti idrici stanno già aumentando in modo significativo, raggiungendo negli ultimi dieci anni una frequenza più di due volte maggiore rispetto ai decenni precedenti. Ciò è dovuto ad una sempre più crescente domanda globale di acqua, che sta creando tensioni soprattutto tra le comunità, gli agricoltori e i governi.
Partendo da questo dato di fatto, i ricercatori della Water, Peace and Security partnership hanno sviluppato un sistema di allerta per aiutare a prevedere potenziali conflitti idrici. Finanziato dal governo olandese e presentato al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prima di essere stato pubblicato formalmente il mese scorso, il Water, Peace and Security (WPS) Global Early Warning Tool, combina variabili ambientali (come le piogge e la devastazione delle colture) e fattori politici, economici e sociali, permettendo in tal modo di prevedere il rischio di violenti conflitti armati per l’ottenimento e lo sfruttamento delle risorse idriche. Disponibile online per un uso pubblico, il WPS è stato immaginato per sensibilizzare i responsabili politici, proponendo già dei possibili scenari futuri riguardanti i conflitti idrici che potrebbero verificarsi nel 2020 in Iraq, Iran, Mali, Nigeria, India e Pakistan. Gli sviluppatori affermano che il WPS è caratterizzato da un tasso di attendibilità dell’86%, specie per quanto riguarda l’identificazione di quelle zone in cui potrebbero verificarsi conflitti in grado di coinvolgere almeno 10 vittime.
“Lo strumento è stato sviluppato per costruire modelli basati su dati storici relativi ai conflitti violenti e ai rischi politici, sociali, economici, demografici e idrici“, ha spiegato Charles Islanda del World Resources Institute, coinvolto nella ricerca. “Il WPS esamina oltre 80 indicatori, coprendo un arco temporale che arriva fino a circa 20 anni indietro. In questo modo, è in grado di utilizzare ciò che ha ‘appreso’ analizzando la storia di queste variabili e quindi di prevedere i conflitti idrici che potrebbero potenzialmente nascere nei successivi 12 mesi”.
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Jessica Hartog, esperta di cambiamenti climatici dell’International Alert e partner del WPS, ha indicato in particolare Iraq e Mali come due tra i paesi più a rischio. Gli agricoltori, i pastori e i pescatori maliani sono già stati coinvolti in violenti scontri a seguito della riduzione del livello delle acque del fiume Niger, mentre manifestanti iracheni – infuriati per la mancanza di acqua potabile – sono scesi in strada lo scorso anno dopo che oltre 120.000 persone sono state ricoverate in ospedale per aver bevuto acqua contaminata. “La scarsità d’acqua ha colpito sia l’Iraq che il Mali, in gran parte a causa di progetti di sviluppo economico che riducono i livelli delle acque ed il flusso nei fiumi: una situazione aggravata dal cambiamento climatico e dall’aumento della domanda d’acqua derivante della crescita della popolazione”, ha detto Hartog.
Docente di Diritto delle acque all’IHE Delft, Susanne Schmeier ha affermato che i problemi legati allo sfruttamento delle risorse idriche non creano conflitti o guerre di per sé, ma possono diventare moltiplicatori di rischio se combinati con altri fattori, come guerre civili, povertà e disuguaglianza sociale. Inoltre, a differenza di quanto generalmente avviene in riferimento ai conflitti transfrontalieri, dove i singoli governi tendono a contenere l’escalation di violenza, nel caso di conflitti interni il potenziale di rischio aumenta in modo esponenziale. “Una volta intensificatisi, tali minacce sono difficili da risolvere e possono avere un impatto negativo anche sulla sicurezza idrica, creando circoli viziosi di conflitto. Ecco perché un’azione tempestiva sui conflitti idrici è fondamentale”, ha concluso Schmeier.
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