(Rinnovabili.it) – Ridurre l’uso dei sacchetti di plastica monouso e mettere un freno ai sussidi alla pesca. Sono le due direttrici su cui si muovono i primi negoziati ONU sulla conservazione degli oceani. La conferenza ha preso il via ieri a New York e si concluderà venerdì 9 giugno.
L’obiettivo è proteggere almeno il 10% delle zone costiere globali entro il 2020 dalla pesca intensiva e dall’inquinamento, rispettando così uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile promossi proprio dalle Nazioni Unite e concordati nel 2015. Il documento che stabilisce questo impegno sarà formalmente approvato al termine della conferenza e promette di aumentare i flussi finanziari per la protezione degli oceani sostenibili attraverso l’accordo quadro di Addis Abeba sugli investimenti dei paesi ONU per gli obiettivi di sviluppo sostenibile. L’idea è eliminare progressivamente i sussidi alla pesca, che causano sfruttamento indiscriminato degli animali marini, e bloccare le catture con tecniche illegali.
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Secondo l’Unione mondiale per la conservazione della natura, l’obiettivo del 10% sarebbe conservativo, e andrebbe esteso almeno al 30% per garantire una protezione efficace. Inoltre, il gruppo ha sostenuto la necessità di un accordo internazionale per proteggere le zone al di fuori delle acque territoriali, dove regna sostanzialmente l’anarchia.
Dal canto suo, l’Unione Europea ha presentato 19 impegni volontari, promettendo di fissare un obiettivo di riduzione per i rifiuti marini a livello continentale. Nei prossimi anni, l’UE intende infatti rivedere e implementare la direttiva sulle industrie portuali del riciclo, con l’idea di darsi dei target per la riduzione dei rifiuti in mare. Entro la fine dell’anno, invece, dovrebbe varare una nuova strategia per la riduzione dell’uso della plastica.
In totale, sono stati già depositati oltre 700 impegni dei paesi ONU sul tema degli oceani: secondo il presidente dell’Assemblea generale, Peter Tompson, la conferenza «rappresenta la migliore opportunità che avremo per invertire il trend di declino che l’attività umana ha impresso agli oceani».