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Conferenza ONU sul clima di Bonn: ancora incertezze sui report IPCC

report ipcc conferenza clima onuDopo anni di allarmi della comunità scientifica, ancora si discute sull’utilità dei report IPCC nei lavori dei summit internazionali

 

(Rinnovabili.it) – Come raggiungere gli obiettivi fissati dagli Accordi di Parigi? Quanto sono affidabili i report IPCC (gli studi scientifici prodotti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change)? A quasi 3 anni dalla firma degli Accordi di Parigi e a circa 9 mesi dal report speciale dell’IPCC sui rischi per l’umanità in caso di aumenti delle temperature medie superiori a 1,5°C entro fine secolo, tali domande restano paradossalmente aperte, come ha mostrato chiaramente la Conferenza ONU sul Cambiamento Climatico (SB50) chiusa dopo due settimane d’incontro e dibattiti a Bonn, in Germania.

 

Il summit si è concluso con l’adozione di un testo di compromesso che riconosce i report dell’IPCC come la “miglior scienza attualmente disponibile”, ma non fissa alcun obiettivo né misura di taglio delle emissioni.

 

“Il report IPCC 1,5 è uno studio fondamentale e dovremmo semplicemente accoglierlo, accettarlo e non negoziarlo”,ha commentato Ian Fry, a capo della delegazione delle isola Tuvalu, un piccolo arcipelago polinesiano abitato da poco più di 11 mila persone che potrebbe scomparire nei prossimi 15 anni se l’innalzamento dei mari procede ai ritmi attuali.

 

Il summit di Bonn ha visto in particolare lo scontro tra l’Alleanza dei Piccoli Stati Insulari, guidata da Lois Young, ambasciatrice del Belize, e i rappresentanti dell’Arabia Saudita, tra i maggiori oppositori di un’adozione completa dei report dell’IPCC.

 

“Durante i negoziati, l’Arabia Saudita ha bloccato le discussioni aperte da un consistente numero di nazioni in via di sviluppo a proposito dei report dell’IPCC – ha commentato Alden Meyer, della Union of Concerned Scientist, un gruppo no profit di esperti a difesa della scienza – Tuttavia, mentre hanno avuto successo nel tagliare corto sulle discussioni formali riguardo i report, i sauditi non possono impedire ai fatti scientifici di continuare ad accrescere sempre maggiore consapevolezza tra i governi, le comunità economiche e la gente della necessità di una risposta urgente sulla crisi climatica”.

 

L’Arabia saudita non è l’unico Paese a osteggiare l’utilizzo dei report IPCC durante i meeting internazionali e come riferimento per programmare obiettivi e azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico: lo scorso dicembre anche Stati Uniti, Russia, e Kuwait hanno posto il veto all’adozione dei report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change durante i lavori delle riunioni dell’ONU.

 

Il report in discussione è quello dello scorso ottobre, in cui gli scienziati dell’IPCC sostenevano la possibilità di contenere l’innalzamento delle temperature intorno agli 1,5°C entro fine secolo ma a condizione di operare consistenti tagli nelle emissioni di gas serra già per il 2030, un obiettivo a breve termine che spaventa soprattutto i Paesi la cui economia poggia sulla produzione e sul consumo di risorse fossili.

 

La contraddizione tra quanto afferma la scienza riguardo la crisi climatica e l’approccio scelto dai decisori politici è apparso evidente anche durante l’avvicinamento al prossimo G20 che si apre in queste ore, in Giappone: nonostante il cambiamento climatico sia uno dei temi più urgenti nell’agenda del summit, il presidente francese, Emanuel Macron, ha tenuto a precisare che la sua delegazione non firmerà il documento finale se all’interno non verranno menzionati espliciti riferimenti all’Accordo di Parigi.

 

Lo stesso discorso ambivalente si è concretizzato durante l’ultimo Consiglio europeo con il proposito di 18 Stati membri pronti a supportare l’obiettivo zero emissioni nette entro il 2050 bloccato dall’opposizione di appena 4 Paesi (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca ed Estonia).

 

“Non possiamo più permetterci progressi incrementali nell’affrontare il cambiamento climatico– ha commentato a chiusura della Conferenza ONU di Bonn, la Segretaria esecutiva dell’UNFCC, Patricia Espinosa – Abbiamo bisogno di cambiamenti profondi e sistemici di tutta la società; una transizione cruciale per un futuro a basse emissioni, altamente resiliente e più sostenibile”.

 

“Le persone ci stanno chiedendo risultati – ha concluso Espinosa – sia che lo facciano nelle piazze online che per le strade, è nostro dovere dimostrare che ci stiamo prendendo le nostre responsabilità. Gli Accordi di Parigi sono chiari: sappiamo quello che dobbiamo fare. Abbiamo l’incarico di farlo”.

 

A settembre è prevista un nuovo summit delle Nazioni Unite sul clima, a New York; entro fine anno l’IPCC dovrebbe pubblicare altri 2 report scientifici che andranno a influire inevitabilmente sulla COP25, l’annuale conferenza mondiale sul cambiamento climatico, in programma a Santiago del Cile a dicembre. Vedremo se i prossimi incontri internazionali guarderanno a documenti come gli Accordi di Parigi e i report dell’IPCC alla stessa maniera con cui da anni fanno sia l’opinione pubblica che la comunità scientifica.

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