Una ricerca della MacMaster University, in Canada, mostra il rapporto emissioni e profitto nel settore farmaceutico: per ogni milione di dollari guadagnato vengono rilasciate 48,55 tonnellate di CO2
Per rientrare nei limiti fissati dagli Accordi di Parigi, le compagnie farmaceutiche dovrebbero ridurre del 59% le loro emissioni entro il 2025
(Rinnovabili.it) – Le grandi compagnie farmaceutiche sono responsabili di più emissioni dell’intero settore di produzione automobilistica: lo sostiene uno ricerca della canadese MacMaster University, in Ontario, pubblicato sulla rivista Journal of Cleaner Productions.
Gli studiosi hanno preso in esame i dati sulle emissioni forniti dalle stesse case farmaceutiche: delle oltre 200 compagnie che compongono il mercato del farmaco, solo 25 pubblicano regolarmente la propria impronta di gas serra; di queste solo 15 mettono a disposizione report accurati a partire dal 2012.
Per valutare l’impatto ambientale del settore, i ricercatori canadesi hanno calcolato il rapporto tra emissioni e guadagno: considerando i dati disponibili al 2015, le maggiori case farmaceutiche producono in media 48,55 tonnellate di CO2 per ogni milione di dollari guadagnato, ovvero circa il 55% in più di quanto prodotto dall’industria dell’automotive dove in rapporto si ferma a 31,4 tonnellate di diossido di carbonio per milione di dollari guadagnato.
Le emissioni prese in considerazione sono esclusivamente quelle generate direttamente dalle compagnie durante i loro processi produttivi e quelle indirette causate dal consumo di energia elettrica.
Complessivamente, le emissioni del settore farmaceutico toccavano i 52 milioni di tonnellate nel 2015 contro i 46,4 milioni di tonnellate prodotti dal comparto auto nello stesso anno. Più inquinamento, dunque, ma causato da un mercato meno redditizio: secondo i calcoli degli studiosi canadesi il valore del mercato farmaceutico dovrebbe essere del 28% minore rispetto a quello dell’automotive, anche se del 13% più inquinante.
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Lo studio entra nel dettaglio e registra grandi variazioni nelle emissioni dei vari gruppi farmaceutici: compagnie come Eli Lilly sono risultate 5,5 volte più impattanti di aziende come Roche (77,3 tonnellate di CO2 ogni milione di dollari guadagnato per la prima contro 14 tonnellate ogni 1$ per la seconda), mentre Procter&Gamble è risultata 5 volte più inquinante di Johnson&Johnson anche se entrambe le compagnie dichiarano simili livelli di profitto.
Totalmente fuori scala il rapporto emissioni/guadagni del colosso Bayer AG: nel 2015, l’azienda tedesca dichiarava 9,7 milioni di CO2 emesse per 51,4 miliardi di dollari di fatturato (con un rapporto di 189 tonnellate di CO2 per ogni milione guadagnato). Un valore anomalo che i ricercatori della MacMaster University spiegano con la grande varietà di prodotti realizzati da Bayer.
Secondo lo studio, rispetto ai valori pubblicati nel 2015, per poter rientrare nei parametri fissati negl’Accordi di Parigi, il settore farmaceutico dovrebbe ridurre del 59% le proprie emissioni entro il 2025.
Un trend già messo in atto da diverse aziende: tra il 2012 e il 2015, Amgen Inc., Johnson&Johnson e Roche Holding AG avrebbero ridotto le proprie emissioni rispettivamente del 18,7%, dell’8,3% e dell’8%, pur aumentando i profitti del 27,2%, del 25,7% e del 7,8%, a dimostrazione della compatibilità tra sostenibilità ambientale e guadagno economico.
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