Il crollo dei nutrienti colpirà soprattutto le popolazioni già affette da malnutrizione
(Rinnovabili.it) – Pubblicata sulla rivista Lancet Planetary Health la più estesa ricerca sugli effetti del cambiamento climatico rispetto alla disponibilità globali di alimenti e nutrienti: entro i prossimi 30 anni, l’aumento di concentrazione di diossido di carbonio dovrebbe portare alla riduzione di nutrienti fondamentali in colture come grano, riso, mais, orzo, patate e soia mettendo a rischio la salute alimentare di grande fasce di popolazione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Il team internazionale di ricerca ha sfruttato il modello agricolo IMPACT, i dati del Global Expanded Nutrient Supply (GENuS) e quelli provenienti da due serie di ricerche sugli effetti della CO2 sul contenuto di nutrienti nelle colture: mentre l’aumento di anidride carbonica può accelerare la crescita di alcune piante, diversi studi hanno dimostrato che al contempo può ridurre la concentrazione di micronutrienti. Secondo i risultati dello studio, i livelli stimati di CO2 di qui al 2050 porteranno a una perdita di nutrienti media del 3% in colture come grano, riso, mais, orzo, patate e soia.
Proteine, ferro e zinco dovrebbero calare rispettivamente del 19,5%, del 14,4% e del 14,% in tutte le regioni del Pianeta. A soffrire particolarmente il crollo della disponibilità di proteine saranno le popolazioni la cui dieta più si basa sul grano e sui suoi derivati come quelle dell’ex Unione Sovietica, del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’Europa dell’est.
Nel Sud dell’Asia, saranno invece le carenze di ferro a produrre gli effetti più preoccupanti sulla salute delle persone: considerando che l’India già attualmente rappresenta il Paese con il maggior tasso di anemia al mondo, la situazione in futuro non potrà che divenire più difficile.
Come già suggerito da altri report delle Nazioni Unite, gli effetti del cambiamento climatico e il conseguente calo nella disponibilità di nutrienti nelle colture colpiranno soprattutto le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo: i ricercatori prevedono che il fenomeno sarà particolarmente grave in Asia meridionale, Medio Oriente, Africa sub sahariana, Maghreb e nei Paesi dell’ex URSS. Regioni già al momento con i più alti tassi di denutrizione al mondo e nelle quali è prevista buona arte della crescita demografica globale.
“In generale, le persone che vivono in nazioni in via di sviluppo tendono a ricevere buona arte dei loro nutrienti da alimenti di origine vegetale, che a loro volta contengono biodisponibilità inferiori rispetto agli alimenti di origine animale”, spiega il professor Robert Beach, dell’International Food Policy Research Institute (IFPRI) e tra i principali autori dello studio.
Gli effetti del cambiamento climatico, soprattutto l’innalzamento delle temperature e le ondate di siccità, rischiano di compromettere i miglioramenti tecnici che permettono colture sempre più nutrienti e diffuse. Gli autori dello studio, inoltre, avvertono che estendendo la ricerca alla seconda metà del secolo, quando l’impatto del climate change dovrebbe manifestarsi con maggiore incisività, è molto probabile che la riduzione dei nutrienti risulti ancora più marcata.
“L’alimentazione e la salute degli esseri umani sono argomenti estremamente complessi da prevedere – ha concluso Timothy Sulser, ricercatore dell’IFPRI – Riducendo la disponibilità di nutrienti essenziali, il cambiamento climatico complicherà ulteriormente gli sforzi per eliminare la malnutrizione in tutto il mondo “.
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