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Anche in Europa il climate change farà lievitare il prezzo del cibo

Climate change e prezzo cibo: inflazione alimentare +3,2% annuo

Foto di Icons8 Team su Unsplash

Climate change e prezzo cibo: inflazione alimentare +3,2% annuo
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In media, il prezzo del cibo crescerà fino al 3,2% annuo nel 2035 per il riscaldamento globale

(Rinnovabili.it) – Già entro il 2035, il riscaldamento globale potrebbe far crescere il costo degli alimenti del 3,2% l’anno in tutto il mondo. Colpendo soprattutto i paesi del Sud globale, ma senza risparmiare le economie più avanzate. L’impatto del climate change sul prezzo del cibo sarà distribuito in tutto il globo, trainato soprattutto dall’aumento delle temperature. Lo ha calcolato uno studio pubblicato su Communications Earth & Environment.

“Le temperature più elevate aumentano l’inflazione alimentare in modo persistente sia nei paesi a reddito più alto che in quelli a basso reddito”, sottolinea lo studio. “Gli effetti variano a seconda delle stagioni e delle regioni a seconda delle norme climatiche, con ulteriori impatti derivanti dalla variabilità della temperatura giornaliera e dalle precipitazioni estreme”. Nel complesso, a livello globale, l’impatto del climate change sul prezzo del cibo entro il 2035 potrebbe aumentare l’inflazione ogni anno dello 0,9-3,2%, e far crescere l’inflazione generale dello 0,3-1,1% annuo.

Climate change e prezzo del cibo: e in Europa?

Temperature più elevate impattano sulla stagionalità della produzione agricola, portando a cali nelle rese, aumentano la probabilità di epidemie di parassiti e malattie che colpiscono sia il bestiame che le riserve alimentari. Secondo lo studio, l’aumento delle temperature genera aumenti “non lineari e persistenti” dell’inflazione alimentare e generale.

Per i paesi che si trovano più vicino all’equatore, gli impatti del climate change sui prezzi del cibo si faranno sentire lungo tutto il corso dell’anno, mentre per i paesi a medie e alte latitudini – Europa inclusa – è soprattutto la stagione estiva quella durante la quale si avvertiranno questi effetti, in grado di compensare e superare il guadagno di produttività atteso grazie a inverni più miti.

“La risposta alla temperatura media è fortemente non lineare, tanto che gli aumenti nei mesi e nelle regioni più caldi causano impatti inflazionistici maggiori. Di conseguenza, gli aumenti delle temperature medie alle alte latitudini provocano pressioni inflazionistiche al rialzo quando si verificano nei mesi più caldi dell’anno, opponendosi a pressioni al ribasso quando si verificano nei mesi più freddi. Al contrario, gli aumenti delle temperature medie alle latitudini più basse causano pressioni inflazionistiche al rialzo durante tutto l’anno”, spiega lo studio.

Bisognerà poi attendersi degli impatti “amplificati” per via di eventi di caldo estremo. Gli autori calcolano che l’ondata di caldo dell’estate 2022 in Europa – dove alle temperature dell’aria era associata una grave siccità – ha aumentato il prezzo del cibo nel vecchio continente dello 0,67% e l’inflazione generale dello 0,34%, in appena 3 mesi. Ma estati come quella tenderanno a diventare sempre meno eccezionali, ben più in fretta di quanto le colture siano in grado di adattarsi al nuovo clima. Gli autori stimano che in Europa questo si tradurrà in un aumento ulteriore del 30-50% dell’inflazione alimentare già nel giro di 10 anni, che potrebbe poi arrivare al doppio rispetto ai livelli del 2022 entro il 2060.

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