Un gruppo di scienziati tedeschi sta studiando un nuovo metodo di “carbon farming” che consiste nel piantare alberi nelle regioni aride su larga scala per catturare CO2
(Rinnovabili.it) – Piantare alberi resistenti alla siccità nelle regioni desertiche per creare nuovi pozzi di carbonio naturali e contrastare il climate change. Questa l’idea che sta dietro ad un nuovo metodo di carbon farming, (letteralmente agricoltura del carbonio) sperimentato da un team di scienziati tedeschi. I ricercatori dell’Università di Hohenheim a Stoccarda hanno pubblicato in questi giorni sulla rivista scientifica Earth System Dynamics i risultati del loro studio in cui sono state analizzate le potenzialità di una particolare pianta – la Jatropha curcas – ai fini del sequestro del carbonio. Questo piccolo albero è particolarmente resistente all’aridità al punto da poter essere piantato nel terreno caldo e secco del deserto.
“Per quanto ne sappiamo, questa è la prima volta che esperti di irrigazione, dissalazione, sequestro del carbonio, economia e scienze atmosferiche si sono riuniti per analizzare la fattibilità di una piantagione su larga scala per catturare l’anidride carbonica in modo globale. Lo abbiamo fatto applicando una serie di modelli computerizzati e utilizzando i dati delle piantagioni di Jatropha curcas in Egitto, India e Madagascar”, spiega Volker Wulfmeyer, uno degli autori dello studio. La ricerca mostra che un ettaro di Jatropha curcas potrebbe catturare fino a 25 tonnellate di anidride carbonica l’anno, per un periodo di 20 anni. Una piantagione, occupando solo circa il 3% del deserto arabo ad esempio, potrebbe assorbire in un paio di decenni tutta la CO2 prodotta da veicoli a motore in Germania nello stesso periodo. Con circa un miliardo di ettari adattati all’agricoltura carbonio, il metodo potrebbe sequestrare una porzione significativa di anidride carbonica.
Ma esistono anche altri vantaggi. Il prezzo per la carbon farming spazia dai 42 ai 63 euro per tonnellata di CO2, rendendolo competitivo con altre tecniche di riduzione del carbonio come ad esempio il CCS. Inoltre, dopo alcuni anni, le piante potrebbero produrre bioenergia per sostenere la produzione di elettricità richiesta per la desalinizzazione e i sistemi di irrigazione.
“Dal nostro punto di vista, – concludono i ricercatori – il rimboschimento come opzione di geoingegneria per il sequestro del carbonio è il metodo più efficace e sicuro per l’ambiente ai fini della mitigazione dei cambiamenti climatici. La vegetazione ha svolto un ruolo chiave nel ciclo globale del carbonio da milioni di anni, a differenza di molte tecniche di geoingegneria parecchio costose”.