(Rinnovabili.it) – I report dell’IPCC, il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici? Sono faziosi e prevenuti. Il consenso sul legame tra riscaldamento globale e cause antropiche, che raccoglie il 97% degli scienziati di tutto il mondo? Tutto da rivedere. La corrispondenza tra modelli predittivi e rilevazioni puntuali? Non è assodata e può dipendere da variazioni naturali del clima. Il tarlo dello scetticismo climatico scava lentamente e si fa strada negli Stati Uniti. Dopo che ai vertici della nuova amministrazione sono arrivati personaggi come la guida dell’Epa Scott Pruitt, e lo stesso Trump è convinto che il global warming sia una bufala fatta circolare ad arte dalla Cina, l’ultimo assalto ha investito il Congresso.
Ieri il Comitato sulla scienza ha ascoltato le testimonianze di alcuni tra i più noti scienziati scettici del clima, che hanno presentato i loro pareri su come dovrebbero muoversi le istituzioni americane rispetto a tutto ciò che riguarda la mole di dati, accumulati nei decenni, che dimostrano il legame tra l’aumento delle temperature globali e le attività dell’uomo. E il punto di partenza è stata una profonda revisione del metodo e dei processi scientifici alla base di questi dati.
Per sminuire l’importanza dei cambiamenti climatici, o per negarne tout court l’esistenza, questi scienziati hanno proposto la creazione di un “red team”, una vera e propria task force di specialisti del clima – accuratamente selezionati tra quelli che abbracciano posizioni negazioniste – che abbiano il compito di contrastare i risultati contenuti nei report dell’IPCC. In poche parole, è un tentativo di mettere in crisi il vasto consenso scientifico riguardo questo argomento.
“Un modo per aiutare il Congresso a comprendere meglio il tema del clima rispetto a quanto è affermato dai faziosi panel “ufficiali” è quello di organizzare e finanziare dei red team credibili – ha affermato John Cristy, scienziato dell’atmosfera presso l’università dell’Alabama – Mi aspetto che un tale team possa offrire al Congresso conclusioni molto diverse rispetto all’impatto dell’uomo sul clima”. Identica posizione espressa, tra gli altri, anche da Judith Curry della Georgia Tech’s School of Earth and Atmospheric Sciences.
La proposta, a tutti gli effetti controrivoluzionaria, è stata avanzata in un frangente in cui sulle principali agenzie federali impegnate nella ricerca e nel monitoraggio dell’andamento del clima pende la scure di misure draconiane di taglio del budget. Finanziare la “scienza alternativa” – per usare un eufemismo – e stringere il cordone della borsa rispetto agli enti governativi più affermati potrebbe scuotere non solo gli Stati Uniti, ma l’intera comunità scientifica mondiale.