Delegati di tutte le nazioni resteranno fino a venerdì nella capitale svizzera. Obiettivo, costruire l’accordo sul clima in vista della COP21
(Rinnovabili.it) – Rilettura, sintesi, confronto. A Ginevra, questa settimana, il meeting sul clima delle Nazioni Unite è il primo passo del 2015 per preparare il terreno in vista della COP21 di Parigi. I delegati, arrivati nella capitale svizzera domenica, ci resteranno fino a venerdì.
L’obiettivo di questa settimana sembra modesto. L’incontro servirà a riprendere in mano il documento di 39 pagine uscito dalla conferenza delle parti andata in scena lo scorso dicembre a Lima. La roadmap concordata dalle delegazioni internazionali è infatti piena di bivi, incognite e vicoli ciechi.
Serve chiarezza e soprattutto intesa, come hanno tenuto a dire i due nuovi copresidenti dell’ADP (Ad Hoc Working Group on the Durban Platform for Enhanced Action), l’organismo dell’UNFCCC deputato allo sviluppo del nuovo protocollo da votare a Parigi.
L’obiettivo di Ahmed Djoghlaf algerino, e Dan Reifsnyder, statunitense, è produrre «un testo più snello, conciso, maneggevole e negoziabile». A partire già da questa settimana. Anche perché quella di Ginevra è l’unica sessione di colloqui in programma prima di prima di maggio, mese in cui il progetto definitivo di trattato dovrà essere messo sul tavolo.
Il percorso è irto di insidie, perché i negoziatori, a Lima, hanno rinviato le questioni più complesse e sostanziali alla COP21. La preparazione al meeting di Parigi inizia da Ginevra, il primo di sette cicli negoziali previsti nel 2015. Nel corso degli ultimi decenni, i partecipanti hanno abituato l’opinione pubblica a un continuo rinvio delle decisioni cruciali fino all’ultimo istante, e anche oltre.
«Dobbiamo cambiare questa tradizione – ha detto Manuel Pulgar-Vidal presidente Peruviano della COP20 di Lima – Gli ultimi due giorni non possono essere gli unici che contano. Dobbiamo risolvere i nostri problemi lungo il percorso da qui a Parigi».
Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC le emissioni globali devono raggiungere il picco nel 2020, e poi cominciare a scendere, se vogliamo per evitare cambiamenti climatici fuori controllo.
Ma già a monte si registrano dissonanze: il dibattito riguarda l’adesione o meno dei Paesi poveri alla prima tornata di Intended Nationally Determined Contributions (INDCs). I governi hanno infatti concordato di definire pubblicamente quali misure intendono adottare, nel quadro di un accordo globale, ben prima del vertice di Parigi. Entro marzo dovrebbero arrivare le prime promesse (l’Ue spera di farcela già il 25 febbraio e, secondo indiscrezioni, puntando tutto sul mercato del carbonio), ma le nazioni in via di sviluppo chiedono un trattamento di favore visto che sono i Paesi industrializzati ad avere gran parte delle responsabilità del riscaldamento globale.
Non è chiaro nemmeno come verranno messi in pratica gli impegni finanziari dei governi più ricchi che hanno promesso di aiutare i più poveri, colpiti dalle frustate di un cambiamento climatico indotto sostanzialmente dai primi.