(Rinnovabili.it) – Le nuove elezioni in Polonia portano cattive notizie per i sostenitori di un accordo ambizioso sul clima. La vittoria del Partito della giustizia (Pis) ha dato nuova linfa all’ultradestra nazionalista, e il presidente Andrzej Duda ha subito colto l’occasione per affidare alle stampe una dichiarazione che minaccia la buona riuscita dei negoziati di Parigi. Duda ha infatti opposto il veto all’emendamento di Doha, che proroga il Protocollo di Kyoto fino al 2020. Il provvedimento in questione modifica l’allegato B del trattato, dando vita a quello che da molti è stato ribattezzato Kyoto bis, ovvero un nuovo periodo di impegni giuridicamente vincolanti in materia di riduzione delle emissioni di CO2. L’emendamento applica, in sostanza, tre modifiche al testo del Protocollo di Kyoto: l’inserimento di un nuovo gas (il trifluoruro di azoto), una procedura semplificata per consentire alle parti interessate di alzare l’asticella degli impegni qualora lo si ritenesse opportuno, e una disposizione che regola automaticamente i rispettivi target in modo da evitare un aumento delle emissioni nel periodo 2013-2020 oltre la media degli anni 2008-2010.
Secondo il governo, tuttavia, la Polonia avrebbe bisogno di più tempo per analizzare il suo impatto sull’economia, perché la proroga «influisce sul funzionamento dell’economia e genera costi sociali».
L’accordo di Kyoto, firmato nel 1997, imponeva a tutti i Paesi firmatari l’obbligo di tagliare le emissioni di anidride carbonica di almeno il 5% nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990. La Polonia ha già raggiunto i suoi obiettivi per il 2008-12, ma ora il suo presidente sta tirando il freno a mano. Andrzej Duda è stato eletto a maggio con il sostegno del PiS, e il partito vuole che assuma una posizione molto più dura nel difendere gli interessi economici polacchi rispetto al governo uscente, più filoeuropeo.
La mossa è stata preceduta, all’inizio di ottobre, dalla richiesta del leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski, di una rinegoziazione del Pacchetto clima energia 2030, approvato dall’Ue lo scorso anno. Questa misura prevede, tra le altre cose, una riduzione delle emissioni del 40% al 2030 rispetto al 1990, ma Kaczynski afferma che la Polonia ha bisogno di più centrali a carbone. Il tentativo di ridiscutere gli accordi pone le basi per un duro scontro diplomatico fra la Polonia e i partner europei, una tensione che mina la posizione del vecchio continente alle porte della COP 21.