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Clima: 8 Paesi su 10 più poveri senza un taglio delle emissioni

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(Rinnovabili.it) – Un nuovo studio pubblicato su Nature da scienziati delle Università di Stanford e Berkeley potrebbe aprire gli occhi sul reale impatto dei cambiamenti del clima sull’economia globale. I danni che il riscaldamento globale può causare alla produttività e al commercio sono ben più gravi, dicono gli esperti, di quelli finora stimati.

Osservando i dati da 160 Paesi dal 1960 al 2010, gli autori hanno trovato che una temperatura media di 13 °C è ottimale per il funzionamento dell’economia, in particolare per la produttività agricola. Questo livello riflette grossomodo l’attuale clima in molti paesi ricchi come gli USA, il Giappone, la Francia e la Cina.

Nei luoghi più freddi, un aumento delle temperature avvantaggia l’economia locale, ma passata la soglia media dei 13 °C, la produttività comincia a scendere. Lo studio ha scoperto che questa correlazione funziona sia per i Paesi ricchi che per quelli più poveri, e che si mantiene sia per il periodo 1960-1989 che per il 1990-2010.

 

Clima 8 Paesi su 10 saranno più poveri senza taglio delle emissioni

 

Fino ad oggi, gli economisti avevano creduto che il riscaldamento globale non avesse un’incidenza sulla crescita delle economie sviluppate, perché presumevano che questi fossero in possesso di sufficienti mezzi per adattarsi ai cambiamenti climatici. Tuttavia, guardando i dati nel corso dell’ultimo mezzo secolo, i ricercatori hanno scoperto che la vulnerabilità dell’Occidente ricco è quasi pari a quella dei Sud del mondo quando si supera il tetto dei 13 °C di temperatura media.

Lo studio rileva che se continuiamo sulla strada del business-as-usual, alimentando un alto consumo di combustibili fossili e il relativo inquinamento da CO2, il 77% dei Paesi del mondo sarà più povero nel 2100 di quanto lo sarebbe in uno scenario che contemplasse il taglio delle emissioni. Alcune nazioni (tra il 5 e il 43% del totale globale) potrebbero essere più poveri entro fine secolo di quanto lo siano oggi.

Da un aumento del riscaldamento globale, tuttavia, non tutti avrebbero da perdere: Paesi freddi come il Canada e la Russia ne trarrebbero benefici economici. Tuttavia, la maggior parte dei loro partner commerciali si troverebbe invischiata in una spirale di stagnazione o di crescita rallentata.

 

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I mercati dovrebbero fissare un prezzo del carbonio che rifletta le migliori stime del costo sociale del carbonio. L’inquinamento da CO2 genera costi che le società pagano con danni climatici e ridotta produttività economica, ma se il mercato non ne tiene conto, i consumatori non sono in grado di fare scelte di acquisto informate. Quelle che gli economisti chiamano “esternalità” o “fallimenti del mercato”, che possono essere riparati solo mettendo un prezzo all’inquinamento da carbonio.

Come il nuovo studio dimostra, gli impatti economici del riscaldamento globale probabilmente sono ancora più pesanti di quanto precedentemente si pensasse, e questa necessità è ancora maggiore. Nonostante ciò, il numero uno dell’ONU sui cambiamenti climatici ha dovuto ammettere, ieri, che l’eventuale patto internazionale che dovrebbe venir fuori dalla COP 21 non comprenderà un prezzo globale del carbonio.

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