(Rinnovabili.it) – I piani di azione sul clima presentati dai grandi emettitori come Stati Uniti, Unione Europea e Russia rappresentano un serio impegno per dare corpo ad un accordo globale nella cornice della COP21 di Parigi 2015. Tuttavia, questi impegni – detti Intended Nationally Determined Contributions (INDCs) nel gergo negoziale – sono ben lungi dall’essere sufficienti. Infatti, mantengono un gravoso silenzio sulla fornitura di finanziamenti e tecnologie ai Paesi in via di sviluppo e sulle misure di adattamento al cambiamento climatico.
Gli esperti stanno cercando di farsi sentire, convinti che lo scarso livello di ambizione nell’approccio non sarà sufficiente a rallentare il riscaldamento globale, e che l’assenza di impegni in materia di finanza e tecnologia non aiuterà a colmare il deficit di fiducia tra Paesi ricchi e in via di sviluppo. Gli INDCs comprendono gli obiettivi e le politiche che gli Stati promettono di rispettare dopo il 2020 per contrastare il climate change. Ma con questi piani, focalizzati esclusivamente sulla riduzione della quantità di gas serra prodotti, le differenze annose e profonde tra i Nord e Sud del mondo rischiano di acuirsi.
Il gioco delle parti sulle spalle del clima
L’India si è impuntata, dichiarando che «senza contributi in materia di finanza e la tecnologia, sarà difficile per le nazioni in via di sviluppo compiere sforzi ambiziosi per ridurre le emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. C’è un fondamentale collegamento tra la disponibilità di finanziamenti adeguati e gli sforzi ambiziosi per ridurre le emissioni».Questa posizione rischia di essere anche una mezza scusa: sapendo che le grandi potenze stanno facendo di tutto per non scucire un dollaro senza un ritorno per le loro imprese private, Delhi sta temporeggiando nel presentare i suoi INDCs, in modo da ritardare il più possibile impegni sul clima che limitino il raggio d’azione della sua industria pesante.
Nel gioco delle parti, i Paesi industrializzati sembrano voler dare la colpa dell’immobilismo ai più poveri, pavoneggiandosi dei loro piani per la riduzione delle emissioni e lasciando vuoto il Green Climate Fund (GCF), il fondo verde sul clima creato dall’ONU. Le promesse fatte alla COP20 di Lima avevano portato da 0 a 10 miliardi di dollari il budget del fondo, ma poi, come di consueto, non sono seguiti i fatti. Anzi, secondo quanto emerso dall’ultima riunione del GCF, a fine marzo, i soldi per il clima potranno finanziare anche gli impianti a carbone. Così le grandi compagnie energetiche che inquinano in Occidente, potranno spostare il business in Africa o in Oriente invece di operare la transizione necessaria.