(Rinnovabili.it) – Se la Cina fallirà nell’affrontare gli enormi problemi di inquinamento nei prossimi anni, potrebbe rischiare il conflitto sociale. Il governo è stato avvertito dai suoi ricercatori, che sottolineano il momento di stallo dell’esecutivo nella guerra allo smog.
Il particolato in atmosfera, che raggiunge da anni livelli fuori da ogni scala di valori, è identificato come una delle principali fonti di inquietudine della popolazione. Un fatto che mette preoccupazione anche al Partito comunista, che ha promesso di affrontare tutta una serie di problemi ambientali provocati da una corsa a rotta di collo verso la crescita economica che dura da più di trent’anni.
L’Istituto di Pianificazione Ambientale, gestito dal Ministero della Protezione Ambientale, ha detto che la Cina ha ormai «praticamente detto addio» alla povertà, e ora deve rispondere alla crescente domanda pubblica di un ambiente più pulito.
«C’è un enorme divario tra la velocità con cui si lavora per migliorare l’ambiente e la quella con cui il pubblico chiede che venga migliorato – ha aggiunto l’istituto – e i problemi ambientali potrebbero condurre facilmente a dei rischi sociali».
La Cina sta cercando di tagliare l’uso del carbone, e ha minacciato di chiudere migliaia di imprese se non rispetteranno i più severi standard di emissione e consumo energetico.
Secondo i dati ufficiali, solo otto delle 74 città monitorate dal Ministero della Protezione Ambientale lo scorso anno hanno raggiunto gli obiettivi nazionali di qualità dell’aria, e fino al 2030 le stime governative non prevedono grandi miglioramenti.
Ma l’Istituto di Pianificazione Ambientale sembra ottimista: la battaglia della Cina contro l’inquinamento può diventare più semplice in seguito a cambiamenti strutturali dell’economia. La produzione dell’industria pesante tradizionale sta vivendo un picco, poi dovrebbe cominciare a declinare, anche se gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. Tutto dipenderà dal successo del Paese nella diversificazione delle fonti energetiche.
La Cina prevede che il consumo totale di energia salirà a 3 miliardi di tonnellate di petrolio equivalenti entro la fine del 2015, una crescita molto bassa visto che nel 2014 il dato era 2.9 miliardi di tonnellate. Entro il 2020 si arriverà a 3.15 miliardi di tonnellate. Secondo l’Istituto governativo, la quota di carbone nel consumo totale di energia dovrebbe scendere di quasi due punti percentuali (al 63,3%) entro la fine dell’anno, e di circa il 56% entro il 2020.