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Cina: 150 milioni in due giorni per il film sull’inquinamento

Cina 150 milioni in due giorni per il film sull'inquinamento_

 

(Rinnovabili.it) – Voleva essere una testimonianza, la denuncia di una situazione fuori controllo. Ma il documentario sull’inquinamento in Cina, girato dalla giornalista Chai Jing è diventato qualcosa di più: da quando è stato messo on line, questo sabato, ha già collezionato 150 milioni di visualizzazioni. Tanto che si parla già di “Under the Dome” –  titolo che significa “Sotto la cupola” – come epigono orientale dello storico romanzo di Rachel Carson, “Primavera Silenziosa”, che ha dato avvio al movimento ambientalista in Occidente. L’analogia l’ha proposta nientemeno che il ministro dell’Ambiente cinese, Chen Jining.

Il documentario, che racconta l’inquinamento dell’aria con linguaggio diretto e lineare, arriva tra capo e collo del China’s National Peoples Congress, la riunione del Parlamento nazionale.

 

Anche Greenpeace parla di «notevole traguardo», tramite il suo responsabile clima ed energia, Li Yan. La coscienza ambientale nel Paese è cresciuta anno dopo anno, a partire soprattutto da quando, nel 2013, è stato dato il nome di “airpocalipse” all’innalzamento record dei livelli di inquinamento a Pechino. Da quel momento in poi, diverse volte lo smog della capitale ha raggiunto picchi preoccupanti (ben oltre i 500 microgrammi di pm 2.5 per metro cubo), suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale.

Il film disegna il percorso di Chai Jing nel pervenire, una volta incinta, alla consapevolezza dei rischi da inquinamento.

«Non avevo mai avuto paura prima, e mai indossato una maschera – racconta Chai nel video – Ma quando trasporti una vita dentro di te, ciò che respira, mangia e beve diventa tua responsabilità. E così cominci ad avere paura».

 

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Secondo Greenpeace il documentario e il dibattito pubblico che ha generato potrebbero aiutare il ministero dell’Ambiente a trovare le risorse necessarie per implementare una nuova dura legge di tutela ambientale, che imponga sanzioni per gli inquinatori.

Ma restano troppe radici marce nella struttura industriale e nel modello economico del Paese. Innanzitutto, la forte dipendenza dal carbone, e poi la crescita esponenziale delle automobili.

Inoltre, alcune imprese di proprietà dello Stato, che dominano l’industria pesante, a volte sono più potenti dei politici locali.

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