(Rinnovabili.it) – Vi siete chiesti perché la Cina non ha partecipato all’Earth Day? Forse no, perché nessuno si aspetta che il più grande inquinatore del mondo aderisca a manifestazioni in difesa dell’ambiente. Invece un evento in calendario c’era eccome. Solo che è stato cancellato all’ultimo momento. Un festival doveva aver luogo a Pechino, volto ad aumentare la consapevolezza sui temi ambientali in vista della COP 21 di Parigi. Il più noto gruppo ambientalista cinese, Amici della Natura, ha così comunicato alle persone di non presentarsi. La polizia della capitale aveva dichiarato che non avrebbe permesso lo svolgersi del Beijing Earth Day Environmental Protection Festival e che avrebbe silenziato anche le sue eventuali propagazioni on line.
La scusa della polizia lascia il tempo che trova: la domanda per l’evento non sarebbe stata presentata con i 10 giorni di anticipo richiesti. Il fatto è, spiegano gli attivisti, che questo preavviso non è mai stato richiesto prima d’ora, e pertanto suona un po’ pretestuoso. Soprattutto visto e considerato che i preparativi erano già stati ultimati e l’invito inviato.
Sembra più probabile che il governo abbia avuto ripensamenti per timore che quella giornata avrebbe potuto sancire un passaggio importante nel processo di saldatura tra gruppi ambientalisti e opinione pubblica. Infatti, lo scopo era proprio aiutare le persone comuni a entrare in contatto con le associazioni, diventare cittadini attivi e fare pressione sulle aziende in modo da far leva sulla loro responsabilità sociale. Attraverso giochi e laboratori, si sarebbe tentato di mostrare le trasformazioni ambientali dei corsi d’acqua che attraversano Pechino, oltre che di far emergere proposte dal pubblico per abbellire la città in base alle sue aspirazioni.
La legge sulla protezione dell’ambiente varata quest’anno, e un piano per la prevenzione dell’inquinamento idrico pubblicato di recente, includono clausole sulla partecipazione del pubblico, ma la realtà suggerisce che i diritti concessi sulla carta non si traducono mai in pratica. Prova ne sia la censura, a marzo, del documentario sull’inquinamento “Under the Dome”, che aveva spopolato sulla rete per un week end prima di sparire. O la stessa cancellazione dell’Earth Day la scorsa settimana.
Intanto, con la scusa della sicurezza nazionale, il governo mira a produrre normative capaci di restringere la libertà di movimento per le 6 mila ONG straniere operanti nello Stato. Il disegno di legge all’esame richiede alle associazioni di registrarsi ed essere approvate dalle autorità se vogliono istituire uffici di rappresentanza.