Chi non sta rispettando il divieto d’uso dei CFC?
(Rinnovabili.it) – Dal 2014 le emissioni dei CFC sono tornate improvvisamente a crescere, minacciando ancora una volta la salute della nostra ozonosfera. Qual è la fonte? Gli scienziati non ne hanno idea: si tratta di un vero e proprio mistero dal momento che l’utilizzo di queste sostanze è stato bandito ormai da quasi 20 anni. A dare l’allarme sono stati gli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti che ora cercano di individuare i responsabili: la fonte delle emissioni è stata rintracciata nell’Asia orientale, ma per conoscere la posizione precisa sono necessarie ulteriori indagini.
I CFC o clorofluorocarburi erano considerati un tempo il trionfo della chimica moderna. Stabili e versatili, grazie alla loro inerzia chimica sono stati impiegati in centinaia di prodotti, dai sistemi militari alla lacca per capelli.
Nel 1987, team internazionale di scienziati a cui ha preso parte anche il NOAA, ha dimostrato come questa famiglia di sostanze chimiche “prodigiose” stesse in realtà danneggiando lo strato protettivo dell’ozono, che funge da filtro per le radiazioni ultraviolette, creando un gigantesco buco nelle regioni polari terrestri. Le contromisure arrivano lo stesso anno con il Protocollo di Montreal, accordo mondiale per l’eliminazione della classe di CFC, entrato in vigore due anni più tardi.
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Quello che sembrava un successo consolidato, ha invece una falla che potrebbe ritardare di decenni il pieno recupero dello strato di ozono. La nuova analisi delle misurazioni atmosferiche a lungo termine da parte della NOAA mostra che le emissioni del CFC-11, classe di clorofluorocarburi teoricamente scomparsa dal mercato nel 2010, stanno aumentando, molto probabilmente a causa di una nuova produzione non dichiarata in Asia orientale.
“Stiamo sventolando una bandiera per la comunità globale dicendo: ‘Questo è quello che sta succedendo, e sta impedendo il recupero tempestivo dello strato di ozono'”, spiega Stephen Montzka, autore principale dello studio. “Sono necessari ulteriori lavori per capire esattamente perché le emissioni di CFC-11 sono in aumento e se si può fare qualcosa al più presto”. Sebbene le concentrazioni di questa sostanza nell’atmosfera stiano globalmente diminuendo, in termini assoluti, il percorso generale è divenuto molto più lento a partire dal 2014. “Abbiamo concluso che è molto probabile che qualcuno stia producendo il CFC-11. Non sappiamo perché dovrebbe farlo e se è stato creato per uno scopo specifico, o inavvertitamente come prodotto secondario di qualche altro processo chimico”. Per conoscerne le fonti, spiegano i ricercatari, sono necessarie altre indagini.