Letame e metano da bestiame nella certificazione per rimozione CO2 dal 2026
(Rinnovabili.it) – L’UE dà il via libera al sequestro di carbonio sostenibile attraverso tecnologie industriali, prodotti di lunga durata e pratiche agricole. Lo fa con un nuovo schema di certificazioni per la rimozione di CO2 – il 1° del suo genere al mondo – che dovrebbe assicurare che l’anidride carbonica venga effettivamente stoccata per periodi di tempo sufficientemente lunghi, dando quindi un contributo concreto al contrasto della crisi climatica.
Accelerare sul sequestro di CO2
Tra gli ultimi atti della Commissione guidata da Ursula von der Leyen prima delle elezioni di giugno 2024, l’ok allo schema di certificazioni per la rimozione di CO2 fa parte di un ventaglio di iniziative legislative che dovrebbero permettere a Bruxelles di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 e l’obiettivo intermedio al 2040. Quest’ultimo prevede -90% di emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, da raggiungere anche tramite la cattura di CO2.
Su questo aspetto, la Commissione ha messo a punto a inizio mese una strategia per la CCS industriale, che punta a creare le condizioni per sequestrare 50 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2) entro il 2030, 280 MtCO2 al 2040 e 450 MtCO2 al 2050. In più, l’esecutivo UE conta sul contributo del ripristino degli ecosistemi, in particolare dei principali pozzi di carbonio come le zone umide e le torbiere, per aumentare i sequestri di carbonio naturali.
Cos’è lo schema di certificazioni per la rimozione di CO2?
Per poter monitorare e conteggiare in modo omogeneo ogni aspetto del sequestro di carbonio, Bruxelles ha deciso di introdurre uno schema di certificazioni per la rimozione di CO2. Si tratta di uno strumento volontario che permette a chi lo usa di ricevere un pagamento a fronte delle rimozioni di CO2 effettivamente conseguite. Tre gli ambiti in cui si applica: processi industriali, sequestro della CO2 in prodotti, carbon farming. L’accordo raggiunto stanotte tra Europarlamento e Consiglio ha esteso la copertura anche alle riduzioni di emissioni dal suolo, l’ennesimo favore agli agricoltori in rivolta in gran parte d’Europa. E ha lasciato una definizione “aperta” di “rimozioni di carbonio”.
Le certificazioni distinguono diversi tipi di rimozioni:
- la rimozione permanente del carbonio (immagazzinamento del carbonio atmosferico o biogenico per diversi secoli);
- lo stoccaggio temporaneo del carbonio in prodotti durevoli (come le costruzioni a base di legno) della durata di almeno 35 anni e che possono essere monitorati in loco durante l’intero periodo di monitoraggio;
- lo stoccaggio temporaneo del carbonio derivante dal carbon farming (ad esempio ripristino di foreste e suolo, gestione delle zone umide, praterie di fanerogame marine);
- la riduzione delle emissioni del suolo (tramite il carbon farming), che comprende la riduzione del carbonio e del N2O derivanti dalla gestione del suolo. Ma a condizione che queste attività conseguano un miglioramento del bilancio del carbonio nel suolo, nella gestione delle zone umide, nell’assenza di lavorazione del terreno e nelle pratiche di colture di copertura combinate con uso ridotto di fertilizzanti.
Questi due ultimi tipi di attività devono durare almeno cinque anni per essere certificati e non devono comportare l’acquisizione di terreni a fini speculativi che incidano negativamente sulle comunità rurali. Mentre le certificazioni per la riduzione delle emissioni di metano da fermentazione enterica o dalla gestione del letame del bestiame – le due principali fonti dall’allevamento – sarà inclusa nella prima revisione dello schema, prevista per il 2026.