(Rinnovabili.it) – La Cina esaminerà la possibilità di costruire centrali nucleari galleggianti, aprendo la strada a rischi fino ad oggi sconosciuti. Lo conferma un rapporto pubblicato dal governo cinese, che dichiara le intenzioni del Dragone di raddoppiare la sua capacità nucleare installata entro il 2020. Pechino ha attualmente in funzione 28 reattori con una capacità di 28,3 gigawatt, ma ne sta costruendo altri 24 (con una capacità di 26,7 GW). Entro il 2020, il piano prevede di avere 58 GW installati, per poi avviare una nuova tranche da 30 GW.
Xu Dazhe, numero uno della China Atomic Energy Authority, rassicura che gli «impianti energetici flottanti dovranno superare rigorosi test scientifici». Ma non fornisce alcun dettaglio sulle procedure, né sulle precauzioni in caso di attacchi terroristici.
L’uso dell’energia nucleare in mare non è una novità assoluta: portaerei e sottomarini sono spesso a propulsione nucleare. Questo disegno, però, ha fini differenti: è una trasformazione senza precedenti del nucleare per scopi civili. Tuttavia, la Cina arriverà tre anni dopo la Russia, che ha già in cantiere un simile progetto. Entro il 2016 dovrebbe entrare in funzione la prima centrale nucleare in mare, che Mosca ha intenzione di spedire nell’Artico per portarvi l’energia elettrica. Si tratta dell’Akademik Lomonosov, impianto a due reattori da 70 MW complessivi.
Dopo il disastro di Fukushima, nel marzo 2011, Pechino aveva sospeso le autorizzazioni alla costruzione di nuovi impianti. Ma nel 2012 ha ripreso a concederle, nonostante un avvertimento del Ministero dell’Ambiente che si dichiarava «non ottimista» sulla sicurezza nucleare del Paese.
Ad aprire la strada tracciata dal governo saranno due compagnie: la General Nuclear Power Corporation (CGN) e la China National Nuclear Corporation (CNNC). Si prevede che costruiranno altrettanti impianti entro il 2020. Quello della CNNC dovrebbe entrare in funzione già nel 2019, l’altro nell’anno successivo. I due impianti potrebbero fornire energia alle piattaforme petrolifere offshore o alle isole più remote. Secondo la CGN, gli impianti galleggianti offrono numerosi vantaggi, tra cui «un impatto ambientale estremamente basso». Tuttavia, non è stato chiarito come la società abbia intenzione di smaltire in le scorie, arginare una eventuale perdita radioattiva in mare, garantire la sicurezza dei lavoratori.