(Rinnovabili.it) – Gli ambientalisti, ancora una volta, devono dirsi delusi. La US Environmental Protection Agency ha reso pubbliche venerdì le regole di etichettatura delle ceneri del carbone, materiale di scarto della produzione elettrica che contiene materiali tossici come l’arsenico e il piombo. Nonostante ciò, l’EPA li considera rifiuti non pericolosi.
Ciò significa che toccherà a Stati e gruppi ambientalisti, non all’EPA, vigilare affinché le regole siano rispettate. Regole che obbligheranno alla chiusura di alcuni stagni zeppi di cenere di carbone, per evitare fuoriuscite di contaminanti nell’acqua circostante. Molti altri, tuttavia, non verranno bonificati.
«Questa normativa è un enorme passo avanti nei nostri sforzi per proteggere le comunità dai fallimenti nei tentativi di stoccaggio delle ceneri di carbone, e anche da gestione e smaltimento impropri», ha detto l’amministratore dell’EPA, Gina McCarthy.
L’agenzia aveva proposto una prima disciplina dei depositi di cenere di carbone nel 2010, sulla scia di una fuoriuscita massiccia che aveva contaminato un laghetto nel Tennessee. Ci erano voluti oltre 1 miliardo di dollari per bonificarlo. Il processo è tornato urgente a causa di un’altra violazione su larga scala, che ha coinvolto uno stagno nella Carolina del Nord lo scorso febbraio.
I gruppi ambientalisti hanno espresso delusione per il tanto atteso pacchetto di regole: infatti, non richiedono la bonifica di tutte le centinaia di laghi di detenzione esistenti, e nemmeno proibiscono a nuovi rifiuti del carbone di essere smaltiti in quel modo. Ad esultare è invece l’Edison Electric Institute, che ha applaudito l’EPA per mancata etichettatura, dicendosi tuttavia preoccupato che l’agenzia possa in futuro invertire la rotta.
Secondo i dettami dell’EPA, saranno svolti dei test per capire se le acque sotterranee circostanti sono state contaminate, e i risultati verranno resi pubblici. Se i livelli di tossine saranno troppo alti, gli stagni dovranno essere prosciugati e chiusi.
Il buco legislativo però esiste: la normativa dimentica gli stagni di detenzione in disuso su siti in cui gli impianti non sono più attivi. L’EPA sostiene di non avere autorità su di essi.