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La Cassazione dice sì all’IMU sulle trivelle

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(Rinnovabili.it) – Anche le trivelle devono pagare l’IMU. Lo ha stabilito la Cassazione ieri, accogliendo un ricorso del Comune di Pineto, in provincia di Teramo.

La notizia è accolta con favore dal Movimento 5 Stelle, in particolare dai senatori Gianni Girotto e Gianluca Castaldi. «Sulla ineluttabilità che le piattaforme petrolifere debbano pagare l’Imu tra l’altro il Movimento 5 Stelle aveva presentato una interrogazione nell’agosto 2015 – spiegano i due – Oggi possiamo scrivere la parola fine su un altro privilegio riservato alla potente lobby dell’energia fossile».

La Suprema Corte ha così ribaltato le sentenze della Commissione provinciale di Teramo e della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo. I due organismi, nel 2009, avevano sancito l’intassabilità di queste piattaforme, perché non iscritte al catasto. In mancanza di una rendita catastale, tuttavia, la base imponibile delle piattaforme è costituita dal valore di bilancio, spiega la sentenza.

 

La legge di stabilità 2016 salva le trivelle dalla Cassazione?

La Cassazione dice sì all’IMU sulle trivelle 4I giudici della Cassazione hanno scritto, infatti, che «le piattaforme petrolifere sono soggette ad ICI e sono classificabili nella cat. D/7, stante la riconducibilità delle stesse al concetto di immobile ai fini civili e fiscali, alla loro suscettibilità di accatastamento ed a produrre un reddito proprio in quanto la redditività deve essere riferita allo svolgimento di attività imprenditoriale-industriale e non alla diretta produzione di un reddito da parte della struttura».

Il ricorso dell’Eni è stato rigettato. Ora la palla torna alla Commissione tributaria dell’Abruzzo, che dovrebbe cancellare l’esenzione. Tuttavia, una nota dell’Eni riporta che «la sentenza della Corte di Cassazione interviene dopo che la legge di Stabilità 2016 con la norma sui c.d. imbullonati ha escluso gli impianti, fra i quali rientrano ovviamente anche le piattaforme petrolifere, dal pagamento di Ici/Imu».

 

Vittoria o sconfitta? Almeno se ne parla…

Vittoria o sconfitta, dunque, per la lobby del petrolio? Di positivo c’è almeno che il tema delle trivelle rimane sulle pagine dei giornali, nella speranza che il 17 aprile il 50% più uno degli elettori partecipi al referendum sulle perforazioni in mare. Promossa da 9 Regioni italiane e da un’ampia fetta della società civile, la consultazione chiederà di impedire l’estensione a tempo indeterminato per le autorizzazioni a sfruttare i pozzi entro il limite delle 12 miglia marine. Questo è infatti il contenuto dell’unico quesito referendario rimasto in piedi dopo gli attacchi del governo, che ha cercato in ogni modo di sabotare il voto popolare. Tuttavia, altri due potranno essere riabilitati dalla Corte Costituzionale, che si esprimerà il 9 marzo su altrettanti ricorsi promossi da 6 Regioni.

Ciò nonostante, questi sarebbero oggetto di un secondo referendum, perché il presidente della Repubblica ha impedito l’accorpamento dei quesiti validando la proposta del governo del 17 aprile. Mancherebbero infatti i tempi tecnici (45 giorni) per fare campagna referendaria quelli eventualmente rivitalizzati dalla Consulta.

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