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Carbonio, quanto ce n’è sulla Terra?

Un team di scienziati ha valutato, per la prima volta, le scorte di carbonio terrestre, rivelando come negli ultimi 100 anni le emissioni antropogeniche di CO2 siano state fino a 100 volte superiori rispetto quelle da fonti geologiche

Carbonio
Credits: Alexas_Fotos da Pixabay

Circa il 90% del carbonio presente sulla Terra è depositato nella crosta, nel mantello e nel nucleo terrestre

(Rinnovabili.it) – La community di scienziati del progetto Deep Carbon Observatory (DCO) ha impiegato 10 anni per valutare la quantità di carbonio presente sulla terra, osservando i serbatoi e i flussi del combustibile fossile, e scoprendo dove si trova, sotto quale forma e come si muove.

Il progetto, nato per contribuire allo studio sulla previsione delle eruzioni vulcaniche, ha anche lo scopo di aiutare a comprendere quali siano i limiti della vita sul nostro pianeta. I risultati sono stupefacenti: sulla Terra, sono presenti circa 1,85 miliardi di gigatonnellate di carbonio.

Il dato più interessante, però, è che circa il 90% di questa incredibile cifra è depositato nella crosta, nel mantello e nel nucleo terrestre. Una percentuale enorme se messa a confronto con la quantità che risiede nell’atmosfera o nella parte superficiale del suolo e degli oceani. Infatti, solo i 2/10 dell’1% del carbonio totale presente sulla Terra – circa 43.500 miliardi di tonnellate – si trovano al di sopra della superficie del pianeta. Tutto il resto è nel serbatoio profondo, con i 2/3 del totale contenuto nel nucleo.

 

 

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Ma un altro dato dovrebbe attirare la nostra attenzione. Infatti, il gruppo del DCO ha osservato come, nell’ultimo secolo, le emissioni antropiche siano stante fino a 100 volte superiori a quelle geologiche. Tentando di capire e descrivere come i serbatoi e i flussi di carbone siano cambiati nel tempo, è emerso come il bilancio del carbonio sia stato relativamente stabile durante gli ultimi miliardi di anni. In altre parole, la quantità di carbone che si è “mosso” verso l’interno della Terra è all’incirca uguale alla quantità di carbonio che si è “mosso” verso l’esterno, nell’atmosfera, attraverso l’azione dei vulcani. Ma negli ultimi 100 anni, le emissioni di carbonio prodotte da attività umane sono state da 40 a 100 volte maggiori delle emissioni geologiche di carbonio del nostro pianeta. Detta altrimenti, l’attività dell’uomo è paragonabile a grandi eventi catastrofici come l’impatto di un asteroide o un’attività vulcanica prolungata e su larga scala.

 

Come ricorda Celina Suarez, geologa dell’Università dell’Arkansas, la maggior parte di questi eventi è stata seguita da un’estinzione di massa, avvalorando così l’ipotesi che oggi si stia affrontando una sesta grande estinzione.

 

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Tuttavia, lo studio consegna al mondo anche delle buone notizie. Infatti, nel tentativo di misurare la quantità di carbonio emesso dai vulcani, gli scienziati del DCO hanno scoperto che le eruzioni sono molto spesso precedute da impennate nello scarico di gas. Questa costante potrebbe dunque rappresentare uno strumento previsionale importante, specie se messo in relazione alla sismicità del vulcano e al movimento delle faglie.