Il governo australiano ha rivelato la sua strategia per trasformare il Paese in una potenza energetica. Ma il green paper si basa su carbone e uranio.
Le critiche degli ambientalisti
I gruppi ambientalisti hanno duramente criticato il piano del governo, evidenziando come si focalizzi sullo sviluppo dei combustibili fossili affossando le rinnovabili. Il Climate Institute ha rilasciato un report poche ore fa, in cui rivela che le fonti fossili sono state oggetto di sussidi governativi che vanno dai 14 ai 39 miliardi di dollari l’anno.
«Questo ‘energy green paper’, con la sua enfasi sulle esportazioni, dal carbone inquinante al pericoloso uranio, trasforma l’Australia in una cava – protesta Victoria McKenzie-McHarg, climate change program manager della Australian Conservation Foundation – Si tratta di un documento che fornisce le risposte sbagliate alle domande sbagliate. Il governo dovrebbe chiedersi come dovrebbe essere il sistema energetico italiano fra 10, 20 e 30 anni, dopodiché agire con il resto del mondo per abbattere l’inquinamento e investire nelle energie pulite.
L’entusiasmo della lobby fossile
Il documento inoltre arriva proprio in contemporanea con il vertice sul clima delle Nazioni Unite a New York. Proprio l’Onu ha dichiarato che il carbone – che rappresenta più di tre quarti delle riserve energetiche australiane – non ha futuro se il cambiamento climatico verrà affrontato seriamente.
Gli unici a fregarsi le mani e a coprire di lodi la dichiarazione di intenti dell’amministrazione sono i gruppi d’affari. Secondo il Business Council of Australia le nuove disposizioni aumenteranno l’export del 20% e faranno sbocciare 155 mila posti di lavoro. Soprattutto se verrà dato seguito all’intenzione di sospendere o addirittura revocare i target per le energie rinnovabili.