Il governo taglierà gli investimenti diretti nel carbone, ma continuerà a importare beni prodotti con alte emissioni, non calcolate dall’Onu
(Rinnovabili.it) – La Norvegia smette di investire direttamente sul carbone, ma continua a farlo in maniera indiretta. Il Paese ha annunciato che si appresta a spostare ingenti quote di denaro da dozzine di aziende che hanno forte impatto climatico. I fondi andranno a finanziare misure per un piano di taglio delle emissioni che guarda al 2030. L’intenzione è ridurre del 40% la CO2 in atmosfera rispetto ai livelli del 1990. Con queste carte in mano la Norvegia si presenterà al tavolo della COP21 di Parigi, il prossimo dicembre.
Le promesse scandinave arrivano sulla scia di un report, presentato mercoledì, intitolato Responsible Investment, che basa i suoi assunti sul recente lavoro dei ricercatori dell’University College di Londra, il quale dimostra che se vogliamo avere un 50% di possibilità che il riscaldamento globale resti entro i fatidici 2 °C, è necessario che l’82% delle riserve di carbone del mondo vengano lasciate nel terreno, così come l’estrazione di petrolio da sabbie bituminose in Alberta va bloccata entro il 2020.
Di conseguenza, la Norvegia abbandonato i suoi investimenti in 14 società minerarie, un generatore di energia elettrica a carbone, 5 produttori di petrolio da sabbie bituminose e due produttori di cemento (il cemento è prodotto a partire da carbone o altro combustibile ad alte emissioni). Inoltre, il fondo sovrano ha disinvestito quote che fino a ieri andavano a ingrassare 16 compagnie legate alla deforestazione e due società statunitensi che operano nel settore delle miniere di carbone a cielo aperto.
Non sarà comunque una rottura drastica con i combustibili fossili: 40 degli 850 miliardi di dollari del fondo resteranno dedicati ad essi.
Con questa strategia, lo Stato pensa di riuscire a tagliare del 40% le sue emissioni. Ma in suo favore gioca il metodo di calcolo delle Nazioni Unite: infatti, questo conteggia le emissioni in base a dove vengono rilasciate, non a chi alimenta produzioni climalteranti. Così, la Norvegia farà la figura del bravo scolaretto pur continuando a importare beni prodotti altrove con combustibili fossili. Infatti, l’impronta di carbonio delle merci importate non viene attribuita all’importatore, bensì alla nazione dove queste vengono fabbricate. Lo spiega bene un rapporto del WWF, intitolato “Consumo norvegese, inquinamento cinese”, che mostra come i consumi in Norvegia provochino emissioni nei Paesi in via di sviluppo.