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Il carbone crolla in occidente, ma cresce in Cina e India

La prima mappa globale dei piani di phase out degli impianti a carbone evidenzia il crollo verticale in occidente, mentre in Asia la partita è ancora aperta

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Sempre più società abbandonano i progetti nel settore del carbone

 

(Rinnovabili.it) – Crolla in occidente, mentre in oriente tiene il passo e registra una crescita. I trend del carbone nel mondo somigliano alle montagne russe quando suddivisi per area geografica. Dall’ultima relazione di Coal Swarm, che è anche il primo sondaggio globale sui piani di phase out degli impianti, emergono dati interessanti.

Su 1.675 aziende che possedevano centrali a carbone nel 2010 o cercavano di svilupparne, più di un quarto (448 società) hanno abbandonato completamente il settore in questi anni. I piani per lo sviluppo di ulteriore capacità sono scesi ancora di più, al punto che quasi il 70% (1.141) delle imprese attualmente non ha piani di installazione di nuova potenza elettrica.

Oggi sono 994 le aziende che posseggono centrali a carbone o ne hanno possedute nel periodo di indagine (2010-2017). Di queste, il 7% (71) è uscito dal settore, mentre l’11% (112) ha pensionato almeno un terzo degli impianti e il 14 % (139) almeno un quinto. Dal 2014, cinque stati, province e città hanno ufficialmente abolito l’energia dal carbone, e altri 18 hanno annunciato di volerlo fare prima del 2030.

 

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Alcune major europee hanno cambiato nomi e strutture per dare un segnale di discontinuità. E.on ha diviso il settore termico Uniper dalle attività nel campo delle rinnovabili, Dong ha cambiato nome in Ørsted e Iberdrola ha pensionato l’82% del suo parco impianti.

Dall’altra parte, i dati mostrano che ancora 303 società sono impegnate nella costruzione di impianti termoelettrici, soprattutto in Asia, nonostante in Cina e in India vi sia capacità in eccesso. La Cina, inoltre, ha ridotto dell’85% il numero dei permessi di costruire per le centrali a carbone tra il 2015 e il 2016. L’India, dal canto suo, vede il suo mercato messo a soqquadro dalla competitività dell’energia solare: l’autorità per l’energia stima che gli impianti attualmente in costruzione saranno sufficienti a soddisfare la domanda fino al 2027. Perciò, anche se tra i dieci principali sviluppatori di nuovi impianti sei sono cinesi, due indiani, uno indonesiano e uno tailandese, sembra che la pietra nera non avrà lunga vita nemmeno in oriente.