Reyes Moroto, ministro dell’Industria spagnolo, ritiene indispensabile velocizzare i tempi della carbon border tax.
(Rinnovabili.it) – La Commissione Europeo sta lavorando ad una proposta di carbon border tax, una tassa alla frontiera sulle emissioni di carbonio avente lo scopo di proteggere le attività industriali dell’eurozona da paesi concorrenti con politiche climatiche meno rigorose. Nei piani dell’esecutivo dell’UE, la proposta sull’imposta dovrebbe arrivare nel 2021 ma, a quanto pare, alcuni degli Stati membri stanno facendo pressione affinché la fatidica data sia anticipata alla seconda metà di quest’anno.
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Nello specifico, la richiesta è arrivata dal ministro dell’Industria spagnolo, Reyes Maroto, che guarda con urgenza all’imposta alla frontiera nella convinzione che la competitività delle industrie del paese sia già pesantemente influenzata dalla cosiddetta rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Questo fenomeno si verifica quando le politiche climatiche di una regione incoraggiano l’industria a spostarsi all’estero, verso paesi in cui si trovano ad affrontare obblighi ambientali meno rigorosi e costosi. In questi casi, i più alti costi di conformità ambientale e climatica dell’UE tendono a spingere la produzione verso paesi che, non avendo un mercato delle quote CO2 come l’ETS europeo, si avvantaggiano di costi di produzione più bassi.
Da questo punto di vista, la carbon border tax vedrebbe l’UE imporre costi alle importazioni da altri paesi in base alle emissioni di carbonio associate alle merci importate. L’obiettivo è creare condizioni di parità, tutelando la competitività delle industrie dell’UE, incentivando le imprese estere a ridurre le loro emissioni e disincentivando quelle europee a delocalizzare.
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Come aveva affermato Frans Timmermans, presentando la carbon border tax nell’ambito del Green Deal europeo, “l’idea sarebbe quella di dire ai nostri partner internazionali: stiamo facendo questa transizione verso un’economia neutrale dal punto di vista climatico da raggiungere entro il 2050. Se sceglierete di prendere misure uguali o comparabili alle nostre, potremo raggiungere l’obiettivo insieme”. In caso contrario, l’azienda esportatrice si troverebbe a pagare una sorta di dazio, calcolato ovviamente in base all’impronta di carbonio del prodotto esportato.