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Riaprono i cantieri del DAPL. E gli studi di impatto ambientale?

Con i decreti esecutivi firmati da Trump, il Genio militare degli Stati Uniti ha ricevuto l’ordine di permettere la costruzione del tratto finale dell’oleodotto

Riaprono i cantieri del DAPL. E gli studi di impatto ambientale?

 

(Rinnovabili.it) – Il Genio militare degli Stati Uniti ha ricevuto l’ordine di permettere la costruzione del tratto finale dell’oleodotto Dakota Access (DAPL), che da progetto passa al di sotto del lago Oahe e attraversa il fiume Missouri. È la conseguenza del decreto esecutivo firmato la scorsa settimana da Donald Trump, con cui il neo presidente ha riesumato due mega progetti di pipeline, ovvero il DAPL e il Keystone XL, smantellando le decisioni prese da Obama negli ultimi anni della sua presidenza.

In realtà regna parecchia confusione: Trump non ha un potere assoluto, quei decreti non sono immediatamente applicabili. O almeno così dovrebbe essere in base al sistema di pesi e contrappesi delle istituzioni degli Stati Uniti.

 

Il Genio militare è proprietario delle terre su cui dovrebbe passare l’ultimo pezzo di pipeline. Dopo mesi di proteste e un movimento ambientalista che a raccolto supporto e simpatie in ogni parte del mondo, i militari hanno bloccato tutto. A metà gennaio hanno richiesto nuovi studi di impatto ambientale, con un procedura che permette di proporre anche tragitti differenti per la pipeline. La cosa non è andata giù a Energy Transfer, l’azienda che gestisce il DAPL, che ha immediatamente fatto ricorso.

Il punto è che l’ordine esecutivo di Trump può obbligare il Genio militare a dare il via libera, ma non può impedire che si debba attendere i risultati degli studi di impatto ambientale. Avviare lo stesso i lavori, quindi, sarebbe una grave forzatura delle leggi vigenti. La pensa così la tribù Sioux degli Standing Rock, che continua la sua lotta per difendere il diritto all’acqua. Se si verificasse una perdita nel tratto sotto il lago Oahe, sostengono gli attivisti, verrebbero inquinate le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle. Sulla questione, però, pesano anche altri fattori. Su tutti gli interessi non politici ma economici dell’amministrazione Trump. Lo stesso presidente è proprietario di quote significative di Energy Transfer. Una volta eletto avrebbe dovuto disfarsene per evitare un conflitto di interessi. Il suo staff sostiene che l’abbia fatto, ma non sono state fornite prove in merito.