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Canoni demaniali alle stelle: l’APER non ci sta

Per l’Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili, alcune Regioni avrebbero continuato ad aumentare i canoni di concessione ad uso dell’acqua pubblica, ignorando la sentenza della Corte di Cassazione

(Rinnovabili.it) – L’aumento del canone demaniale di concessione ad uso dell’acqua pubblica deve essere ragionevole. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15144 del 21 giugno 2011, ma, secondo quanto diffuso dall’Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili (APER), ci sarebbero alcune Regioni che hanno ignorato quanto deciso dalla Corte, continuando ad aumentare a dismisura l’importo dei canoni in questione. Aumenti spropositati sono stati infatti riscontrati in Abruzzo e Lombardia, nelle quali, per le “grandi derivazioni”, il canone è passato, rispettivamente, da 14,40 €/kW del 2011 a 35 €/kW di quest’anno e da 14,68 €/kW del 2011 a 35 €/kW di quest’anno. Una situazione che già in passato si era verificata in Veneto, Molise, Piemonte e in Basilicata, Regione quest’ultima che nel 2003 sancì un aumento del canone da 12,02 €/kW a 34 €/kW, sul quale la Corte di Cassazione si espresse definendolo “un innegabile violazione del canone di ragionevolezza (Art. 3 della Costituzione) che si risolve in un vizio di eccesso di potere imputabile alla pubblica amministrazione”.

APER non ci sta e in nome della legalità si è schierata al fianco dei propri associati. “L’aumento sproporzionato dei canoni – si legge nel comunicato stampa diffuso oggi – oltre a essere penalizzante per il futuro delle imprese idroelettriche, è da considerarsi illecito in quanto non tiene conto di quanto sancito dalla Corte di Cassazione”. Per APER, infatti, il fatto più grave è che le amministrazioni regionali perseverino su quanto già condannato, senza preoccuparsi né delle imprese coinvolte né di eventuali contenziosi il cui esito è ovviamente scontato. Per questo l’Associazione ha chiesto alla pubblica amministrazione di assumere un atteggiamento più coerente, evitando di perseverare nell’illecito.