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La Cambogia rispedisce a Stati Uniti e Canada 1.600 tonnellate di rifiuti

Dopo Indonesia, Filippine e Malesia anche il Governo cambogiano ha annunciato lo stop alle importazioni di scarti dall'estero: "Non siamo la vostra pattumiera".

commercio rifiuti CambogiaLe autorità di Sihanoukville, il principale porto della Cambogia, hanno trovato 83 container pieni di rifiuti illegalmente inviati dal Nord America

 

(Rinnovabili.it) – La Cambogia rispedirà al mittente 1.600 tonnellate di scarti di plastica, RAEE e rifiuti illegalmente giunti nel principale porto del Paese, a Sihanoukville: i rifiuti erano contenuti in 83 container provenienti da Stati Uniti e Canada cui verranno rinviati al termine delle operazioni d’indagine degli inquirenti cambogiani.

 

Neth Pheaktra, portavoce del Ministero dell’Ambiente cambogiano, ha spiegato che 70 dei container giunti in porto provenivano dagli Stati Uniti e 13 dal Canada: “La Cambogia non è una pattumiera dove i Paesi stranieri possono smaltire rifiuti elettronici obsoleti – ha commentato Pheaktra – Il Governo si oppone anche a qualsiasi importazione di rifiuti in plastica e lubrificanti da riciclare nel nostro Paese”.

 

Il Ministero dell’Ambiente ha istituito una commissione governativa per tracciare le spedizioni illegali e chiarire le eventuali responsabilità di imprese o amministrazioni estere, annunciando sanzioni e citazioni in giudizio per gli attori coinvolti.

Solo pochi giorni fa, al termine di un meeting di Governo, il Primo ministro cambogiano, Hun Sen, aveva ribadito che la Cambogia non vuole essere la discarica dei Paesi più ricchi e che non permetterà più l’importazione di nessun tipo di rifiuto in plastica o di altro genere.

 

Negli scorsi mesi la tensione sul traffico internazionale di rifiuti è andata crescendo: prima i bandi cinesi, che dallo scorso anno hanno limitato fortemente le importazioni di rifiuti di bassa qualità o difficilmente riciclabili, poi la scelta di Indonesia e Malesia di rinviare al mittente migliaia di tonnellate di scarti spediti illegalmente dal Nord America, ma anche da Francia, Australia e altre nazioni sviluppate.

 

In un report dello scorso aprile, Greenpeace tentava di tracciare le nuove rotte dei rifiuti dopo che la chiusura dei porti cinesi ha costretto alcuni dei maggiori esportatori mondiali (come appunto Stati Uniti e Canada) a cercare nuove destinazioni per i propri scarti. L’enorme flusso di rifiuti convogliato verso Paesi come Filippine, Indonesia, Malesia, Vietnam e appunto Cambogia ha portato rapidamente alla saturazione della capacità di smaltimento con inevitabili danni per l’ambiente e le popolazioni locali.

Importante anche l’apporto dell’Italia che nel report di Greenpeace si attestava come l’11 Paese al mondo per esportazioni di rifiuti in plastica (di cui buona parte verso nazioni europee come Austria, Germania, Spagna, Slovenia e Romania, ma anche verso Malesia, Turchia, Vietnam, Thailandia e Yemen).

 

A metà maggio, 186 Nazioni di tutto il mondo hanno ratificato nuove norme nell’ambito della Convenzione di Basilea sul traffico internazionale di rifiuti: secondo il trattato, i Paesi esportatori dovranno ottenere il consenso esplicito dei Paesi riceventi nei casi in cui intendano inviare materiali non riciclabili, contaminati o pericolosi.

 

Non facendo parte della Convenzione di Basilea, gli Stati Uniti, il maggior esportatore mondiale di rifiuti all’estero, non hanno potuto firmare la modifica, tuttavia, attraverso un emissario presente al dibattito presso nel Nazioni Unite, hanno manifestato il proprio scontento, segnalando il rischio di ripercussioni dannose sul commercio internazionale di rifiuti.