(Rinnovabili.it) – La foresta amazzonica esiste anche grazie alla polvere del Sahara, e il cambiamento climatico potrebbe distruggere l’equilibrio. L’affermazione può apparire strampalata, ma emerge da una ricerca pubblicata dalla rivista Geophysical Research Letters, che analizza dati dei satelliti NASA dal 2007 al 2013. I risultati forniscono ai ricercatori un altro indizio su come il destino di uno dei luoghi più umidi del pianeta sia legato a doppio filo a quello di uno tra i più aridi. Se questo flusso dovesse prosciugarsi o subire deviazioni, potrebbero verificarsi massicci cambiamenti biologici nella giungla sudamericana.
Ma qual è il nesso tra la polvere del deserto e la salute della foresta pluviale? La risposta è: il fosforo. I detriti del Sahara contengono fosforo, un nutriente essenziale per le piante, che ne hanno bisogno per la crescita. Il terreno in Amazzonia subisce continui cali di questa sostanza, con deficit anche del 90%, a causa delle piogge e del drenaggio ad opera dei fiumi.
Foglie e piante in decomposizione aiutano a reintegrare parzialmente l’elemento nella terra, ma la polvere del deserto africano è una fonte esterna con un ruolo fondamentale per il ripristino del fertilizzante.
Un’autostrada di sabbia
I venti che sferzano il deserto africano e le zone semiaride circostanti spingono la polvere fino in atmosfera. Così, ogni anno la sabbia inizia un viaggio di 10 mila chilometri che termina nel bacino amazzonico. Il flusso di detriti che viaggia sulle correnti atmosferiche ha una portata maggiore in autunno e inverno. In queste stagioni si stima che 27,7 teragrammi di polvere affrontino la traversata atlantica. Un teragrammo corrisponde a 10 milioni di tonnellate, e questo significa che 182 milioni di tonnellate (l’equivalente di 500 Empire State Buildings) si sollevano dal deserto, 28 milioni delle quali (o 75 Empire State Buildings, per usare la stessa “unità di misura”), si depositano sull’Amazzonia.
Quando nella regione semi-arida a sud del Sahara, il Sahel, la stagione delle piogge porta precipitazioni oltre la norma, il flusso polveroso transatlantico tende ad avere minore portata.
Lo studio dei trend storici ha portato alcune ricerche a dimostrare che questo, in futuro, potrà rappresentare un rischio: il cambiamento climatico, infatti, potrebbe aumentare l’umidità del Sahel e avere di conseguenza un effetto sulla foresta pluviale sudamericana, che già sta inaridendo a causa del riscaldamento globale.
Ma il ruolo del pulviscolo non si ferma all’Amazzonia: può influenzare meteo di tutto il mondo. Ad esempio la stagione degli uragani nell’Atlantico e la rapidità di fusione dei ghiacci in Groenlandia.