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Cambiamento climatico: così morirà l’industria vinicola italiana

Cambiamento climatico così morirà l'industria vinicola italiana 1

 

(Rinnovabili.it) – Un’eccellenza italiana, che rende il nostro Paese famoso in tutto il mondo, è gravemente minacciata dal cambiamento climatico. Si tratta del vino, la cui produzione nell’Europa mediterranea – e particolarmente in Italia – rappresenta un imprescindibile occasione di sviluppo locale e una peculiarità del vecchio continente. Con il riscaldamento globale, tuttavia, si aprono nuove e catastrofiche possibilità per l’industria del vino: lo sostengono Valery Laramée de Tannenberg e Yves Leers, due giornalisti autori del libro: “Menace sur le vin”, che indaga le sfide per la produzione europea derivanti dall’aumento delle temperature.

Il testo pone al lettore una serie di domande: che cosa berremo nel 2030? E nel 2050? Alcune varietà resisteranno meglio di altre? La tecnologia sarà in grado di adattarsi? Fino a quali altitudini e latitudini sarà in grado di resistere la vite? La salvezza passa per l’agricoltura biologica o biodinamica?

 

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Se molti produttori si sono rallegrati per questa estate insolitamente calda, gli autori di “Menace sur le vin” consigliano di moderare l’esultanza. È vero che l’aumento del contenuto di zucchero nelle uve ha fatto sì che il vino appena imbottigliato avesse un maggiore tasso alcolico, ma questa non è una buona notizia se si guardano le cose in prospettiva. Infatti, è necessario accorgersi che, con l’aumento della temperatura, cresce la scarsità d’acqua e si registra il soffiare di venti forti che cambiano direzione tre volte al giorno. Per la vite, sopravvissuta tra il X e il XIV secolo ad un riscaldamento del clima, è la velocità di questa nuova metamorfosi a rappresentare una vera minaccia.

Come primo produttore mondiale (17 miliardi di litri di vino all’anno, il 45% del totale), l’Unione europea dovrebbe ritenere il cambiamento climatico una questione piuttosto importante, soprattutto alla luce del fatto che l’industria sta crescendo in altre zone del mondo. In soli dieci anni, la Cina è diventata il secondo produttore globale, con 800 milioni di ettari di vigneti dedicati alla produzione di vino rosso. Nel frattempo, l’Europa sta rallentando. La Francia è riuscita a rimanere al top della classifica, davanti all’Italia. Ma entro 20 anni, l’aumento delle temperature potrebbe spostare il fulcro produttivo nel Nord Europa: a beneficiarne sarebbe, per esempio, la nascente industria vinicola britannica, ma al contempo per i Paesi mediterranei sarebbe la catastrofe economica.

 

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La soluzione è una sola: l’abbandono dei fertilizzanti chimici in agricoltura. Esse impoveriscono la terra, fanno scomparire la flora naturale, non proteggono la vite dalla siccità. Inoltre, il loro utilizzo accelera in una certa misura anche il cambiamento climatico, poiché sono sostanze ricavate dal petrolio ed emettono gas serra. Convertendo il prima possibile le proprie colture al biologico e soprattutto al biodinamico, l’Italia e l’Europa del Sud sono ancora in tempo per creare un fortino di eccellenza capace di ritagliarsi nicchie di mercato inaccessibili per chi, invece, continuerà sulla strada della produzione industriale.

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