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Il cambiamento climatico investe culture e geopolitica

Per anni si sono studiate le ripercussioni del cambiamento climatico sull'ecosistema. Ma ora è nato un filone che investiga cultura, società e geopolitica

Il cambiamento climatico investe culture e geopolitica

 

(Rinnovabili.it) – Che il cambiamento climatico sia stato inizialmente studiato in relazione allo scioglimento dei ghiacci, alla perdita di biodiversità, all’impoverimento dei suoli o all’innalzamento del livello dei mari, è una realtà. Tuttavia, negli ultimi anni, etnografi, sociologi e gruppi di riflessione hanno iniziato a osservare più da vicino l’impatto sociale e culturale del climate change sulle comunità indigene. Ne sono nati diversi studi, che indagavano la condizione della tribù Wauja in Brasile, influenzata dalla contrazione foresta amazzonica, oppure le comunità Sami, pastori di renne in Finlandia, Svezia e Norvegia. E poi popolazioni dell’Africa sub-sahariana, della Malesia o del Bangladesh, dove molti insediamenti costieri sono a rischio inondazione.

Tali ricerche riflettono una crescente consapevolezza, all’interno dei circoli accademici e politici, riguardo al fatto che le culture e le società legate alla natura possiedano una conoscenza stratificata che dà loro una visione speciale in tema di mutamenti naturali. Un patrimonio che, oltre a contribuire all’aumento delle nostre conoscenze di realtà e modi di vita quasi scomparsi nella società occidentale, rischia di perdersi per sempre se queste genti non verranno aiutate a sopravvivere agli effetti del riscaldamento globale.

 

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Vi è anche un rinnovato interesse per gli effetti geopolitici del cambiamento climatico. L’Istituto Brookings stima che per ogni punto percentuale di aumento delle temperature medie e diminuzione della piovosità media, crescano del 4% le possibilità di conflitto violento tra Stati contigui, mentre tra i gruppi all’interno di uno Stato il tasso sale del 14%. Gli studiosi prevedono l’apertura di nuove rotte di navigazione con lo riduzione della calotta polare, che potrebbero condurre a conflitti militari, in particolare con la Russia, che rivendica il territorio.

Anche per le violenze che hanno afflitto il nord del Mali alcuni studiosi hanno di recente accusato il cambiamento del clima: esso avrebbe accentuato la siccità alimentando il conflitto tra ribelli separatisti Tuareg, che cercano acqua ed erba per le mandrie, e le forze governative. La siccità in Siria avrebbe contribuito, per altri esperti, alla guerra civile. Una diffusa perdita del raccolto e una migrazione di massa delle famiglie contadine verso i centri urbani sarebbe stata una delle micce.

 

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Il cambiamento climatico costringe anche le grandi potenze ad aggiornare i sistemi di difesa, se è vero che lo scorso ottobre un rapporto del Pentagono ha detto che questo fattore rappresenta un rischio immediato per la sicurezza nazionale. Chuck Hagel, allora segretario alla difesa, chiamato il cambiamento climatico «un moltiplicatore di minacce», in grado di aggravare la diffusione di malattie infettive e insurrezioni armate.