Le aree dell'Antartide in cui il ghiaccio non si formerà più potrebbero aumentare del 25% entro la fine del secolo a causa del cambiamento climatico
(Rinnovabili.it) – Senza mettere un freno all’aumento delle emissioni, le zone libere dal ghiaccio in Antartide vedranno un incremento fino al 25%. La tesi è esposta in una ricerca pubblicata su Nature e condotta da scienziati australiani, che hanno previsto l’andamento del fenomeno considerando lo scenario peggiore, cioè quello dell’immobilismo politico sul cambiamento climatico.
Sono circa 68 mila i km quadrati (meno dell’1% del continente bianco) attualmente privi di ghiaccio durante tutto l’anno. Tuttavia, si tratta di un “fazzoletto” di terra che ospita il 99% delle piante e degli animali terrestri in tutta l’Antartide. Se non saranno ridotte le emissioni e il pianeta continuerà a scaldarsi, si perderanno altri 17 mila km quadrati entro il 2100. Oggi le zone libere dai ghiacci sono come isole in un mare bianco, separate l’una dall’altra. Flora e fauna si sono sviluppate in questi spazi che, essendo tra loro distanti, hanno favorito il proliferare di varietà differenti e tipiche. Con il cambiamento climatico, che porterà ad una progressiva riduzione delle precipitazioni nevose, queste macchie si allargheranno, avvicinandosi tra loro e favorendo l’omogeneizzazione delle specie animali e vegetali. Da oltre 5.500, le zone libere dai ghiacci scenderanno a meno di 3 mila.
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Se dal 2040 le emissioni cominceranno a diminuire, secondo i ricercatori è possibile che il fenomeno sia più contenuto, e la biodiversità meglio conservata. La maggior parte dei nuovi spazi verdi si formerà nella Penisola antartica, la fascia più a nord del continente che si affaccia sulla punta meridionale del Sud America. In quest’area, infatti, si prevede che a fine secolo lo strato di ghiaccio sarà diminuito di 5 metri, scoprendo la crosta terrestre in numerosi punti.
A seguito di questo fenomeno, alcune specie autoctone potrebbero espandere i loro habitat e proliferare guadagnando l’accesso a nuove risorse. Ma ciò potrebbe avere, spiegano gli esperti, effetti destabilizzanti sugli ecosistemi colonizzati, favorendo la diffusione di specie invasive e minacciando quelle più deboli.