(Rinnovabili.it) – «Quando parliamo di cambiamento climatico, stiamo parlando di sopravvivenza». Lo ha detto senza fronzoli Perry Christie, primo ministro delle Bahamas e presidente della Comunità dei Caraibi (CARICOM), nel corso di un vertice con il presidente francese François Hollande tenutosi sabato in Martinica. Il meeting ha radunato più di 40 capi di stato, governi e organizzazioni dei Caraibi per discutere l’impatto del climate change sulle nazioni della regione.
L’incontro ha dato l’opportunità ai leader politici di presentare una posizione comune in vista della COP 21 di Parigi. Il presidente del Consiglio regionale della Martinica, Serge Letchimy, ha detto che l’obiettivo della riunione di sabato è dare voce alle nazioni caraibiche sul cambiamento climatico attraverso una dichiarazione congiunta, che si chiamerà “The Martinique Appeal“, da presentare alla conferenza sul clima.
La Comunità dei Caraibi comprende la Bahamas, Belize, Barbados, Guyana, Haiti, Giamaica, Suriname, Trinidad e Tobago e gli Stati membri dei Caraibi orientali valuta dell’Unione – Antigua e Barbuda, Repubblica Dominicana, Grenada, St Kitts-Nevis, St Lucia e St Vincent e Grenadines.
Tutti Stati che campano per la maggior parte di turismo e sono conosciuti in tutto il mondo per la bellezza mozzafiato delle loro spiagge. Ma presto potrebbero scomparire a causa del riscaldamento globale.
Le Bahamas hanno un territorio che emerge, per l’80%, di un solo metro dal livello del mare. Un aumento delle temperature, con conseguente innalzamento del livello dei mari, può significare una sola cosa: la cancellazione dalla carta geografica.
«Le prove dell’impatto del cambiamento climatico nella nostra regione sono già molto evidenti – ha ricordato Christie – Grenada ha perso il 300% del PIL a seguito di una tempesta». Serviranno aiuti per questi Paesi che gli eventi meteorologici estremi gettano in baratri di panico e devastazione ogni anno. Ma i leader non sono ingenui: sanno che le rare volte in cui una grande potenza decide di fornire risorse a un Paese povero, c’è sotto qualcosa. Una decisa chiarezza su come verrà generato ed erogato il sostegno finanziario e tecnologico, sia per la mitigazione che per l’adattamento, è la base delle richieste della politica caraibica.
Il primo ministro della Repubblica Dominicana, Roosevelt Skerrit, ha rilanciato infine la proposta ambiziosa già resa pubblica dall’Unione degli Stati insulari: «Rimaniamo convinti che l’obiettivo globale di limitare l’aumento medio della temperatura a non più di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali non sia sufficiente per proteggere gli ecosistemi fragili dagli effetti negativi del cambiamento climatico, e che un target inferiore a 1,5 °C sarebbe più opportuno».