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Emissioni: l’ETS funziona anche con un basso prezzo del carbonio

prezzo del carbonio
Credits: digifly840 da Pixabay

Uno studio dimostra che il basso prezzo del carbonio non ha messo in crisi l’ETS europeo

(Rinnovabili.it) – Secondo uno studio condotto dalle Università di Strathclyde e Pittsburgh, il sistema di scambio di quote di emissioni europeo (ETS) sembrerebbe fare significativi progressi. Questo è avvenuto nonostante il basso prezzo del carbonio.

Introdotto nel 2005 in risposta al protocollo di Kyoto, l’European Union Emissions Trading Scheme rappresenta una delle principali misure per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori industriali a maggior impatto. Secondo la Direttiva UE 218/410, ogni impianto produttivo dell’eurozona deve compensare annualmente le proprie emissioni di gas serra acquistando delle quote per ogni tonnellata di CO2 prodotta. Ovviamente, per “incoraggiare” le aziende ad emettere di meno, i mercati dell’EU dovrebbero imporre un prezzo del carbonio sufficientemente alto, in grado di fungere da deterrente per chi inquina.

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Secondo numerosi osservatori ed associazioni ambientaliste, i prezzi risulterebbero ancora troppo bassi. Eppure, in base allo studio di Strathclyde e Pittsburgh, il meccanismo di scambio avrebbe dato importanti risultati anche prima della sua riforma. In base ai numeri diffusi dai ricercatori, tra il 2008 e il 2016, l’ETS dell’UE avrebbe consentito un risparmio di circa 1,2 miliardi di tonnellate di CO2, cioè quasi la metà degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.

Nei mercati dell’energia e dell’elettricità”, spiega Patrick Bayer della School of Government & Public Policy di Strathclyde, “abbiamo visto alcune dei principali emettitori pensare concretamente a nuove gestioni del business indipendenti dai combustibili fossili”. Infatti, dall’istituzione dell’ETS, molte industrie hanno cominciato a diversificare la loro produzione, prendendo sempre più spesso in considerazione la possibilità di adottare tecnologie a emissioni zero per evitare esborsi per l’acquisto di nuove quote. 

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A prescindere dal prezzo del carbonio, se considerato un progetto a lungo termine e non circostanziato, il meccanismo di scambio (per quanto perfettibile) non può che spingere le industrie a trovare via alternative. Il ragionamento è molto semplice: piuttosto che spendere denaro nell’acquisto di nuove quote, tanto vale investirlo in nuove tecnologie a più basse emissioni

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