Dopo l’Amazzonia, anche questo bioma chiave nell’Artico diventa un emettitore netto. Riscaldamento globale e incremento degli incendi degradano il permafrost e fanno cambiare di segno il bilancio emissivo totale
Anche la tundra artica è diventata un emettitore netto: questo bioma ormai emette più anidride carbonica di quanta ne riesce a catturare. È la 2° grande regione del Pianeta, dopo l’Amazzonia, a perdere il ruolo chiave di pozzo di carbonio.
“Le nostre osservazioni mostrano ora che la tundra artica, che sta subendo un riscaldamento e un aumento degli incendi boschivi, sta emettendo più carbonio di quanto ne immagazzini, il che peggiorerà gli impatti del cambiamento climatico”, ha affermato Rick Spinrad della Noaa, la National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti. L’ente ha appena rilasciato il suo 2024 Arctic Report Card.
“Questo è un ulteriore segnale, previsto dagli scienziati, delle conseguenze di una riduzione inadeguata dell’inquinamento da combustibili fossili”, aggiunge lo scienziato della Noaa.
Come sta cambiando la tundra artica con il global warming?
Secondo l’ente statunitense, dietro l’aumento delle emissioni di CO2 della tundra artica e il suo passaggio a emettitore netto ci sono soprattutto gli incendi e il riscaldamento globale.
Gli incendi artici hanno rilasciato in media 207 milioni di tonnellate di carbonio all’anno dal 2003, accelerando il degrado del permafrost e aumentando le emissioni di CO2 e metano, altro importante gas a effetto serra con effetti climalteranti 82,5 volte maggiori della CO2 nei primi 20 anni in cui è presente in atmosfera.
Ad alimentare gli incendi contribuisce soprattutto il riscaldamento globale. L’Artico si sta riscaldando quattro volte più velocemente della media globale, contribuendo al rilascio di gas serra intrappolati nel permafrost e peggiorando gli impatti del cambiamento climatico. Nel 2023, le temperature superficiali annuali nell’Artico sono state le seconde più calde mai registrate dal 1900.
Inoltre, il 2024 ha registrato l’estate più piovosa. E una riduzione della durata della stagione nevosa nonostante gli accumuli del 2023-2024 siano stati sopra la media storica.
“Molti dei segnali vitali dell’Artico che monitoriamo stanno raggiungendo o sfiorando valori record alti o record bassi quasi ogni anno”, ha affermato Gerald Frost, scienziato dell’Alaska Biological Research e tra gli autori del rapporto della Noaa. “Questo è un’indicazione che gli ultimi anni estremi sono il risultato di cambiamenti persistenti a lungo termine e non il risultato della variabilità del sistema climatico”.