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Tre anni di La Niña? Colpa dei mega-incendi in Australia

Secondo uno studio pubblicato su Science Advances, le polveri sottili e il carbonio elementare emessi dagli incendi del 2019-2020 in Australia hanno innescato un meccanismo di feedback che ha creato le condizioni per lo sviluppo di La Niña e la sua permanenza record per 3 anni

Stagione degli incendi 2021: rilasciate 1760 Mt di CO2 in aria
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Ci sarebbero le polveri sottili dei mega-incendi in Australia dietro la durata da record dell’ultima fase fredda di ENSO

(Rinnovabili.it) – I mega-incendi in Australia del 2019 e 2020 possono aver influenzato il clima globale negli ultimi tre anni. Creando le condizioni affinché si sviluppasse La Niña e, cosa piuttosto rara, durasse per tre anni consecutivi. Lo sostiene uno studio del National Center for Atmospheric Research statunitense di Boulder, in Colorado, appena pubblicato su Science Advances.

Il peso dei mega-incendi in Australia

Come è possibile? Secondo i ricercatori, tutto dipende dalle particelle introdotte in atmosfera dai mega-incendi in Australia. Una quantità impressionante, dato che quegli incendi sono stati i peggiori mai registrati nel paese. Secondo alcune stime, tra 2019 e i primi tre mesi del 2020, le fiamme hanno rilasciato in atmosfera almeno 180 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 (circa metà delle emissioni annuali di un paese come il Regno Unito), oltre a 1,7 Mt di polveri sottili PM2.5 e 61mila t di carbonio elementare (black carbon), una delle componenti dei PM10.

A interagire con il clima globale sarebbero state proprio le polveri sottili. Anche se restano in sospensione per pochi mesi prima di depositarsi al suolo (mentre i gas come la CO2 permangono per decenni o secoli), hanno innescato dei meccanismi di feedback che si sono autoalimentati anche quando le polveri non erano più presenti in aria.

Nel dettaglio, la loro permanenza in atmosfera ha interagito con le nubi, rendendo più piccole, persistenti e luminose le gocce d’acqua in sospensione che le compongono. Con il risultato che una quantità maggiore di radiazione solare è stata riflessa nello spazio. Questo ha creato un’inversione termica: in basso l’oceano più freddo, sopra la coltre di nuvole uno strato di aria calda. Condizioni che sono associate con lo sviluppo di La Niña.

Secondo gli autori, queste interazioni devono essere tenute in considerazione nei modelli previsionali che analizzano El Niño-Oscillazione Meridionale (ENSO), la teleconnessione atmosferica che oscilla tra una fase calda – El Niño, appunto, che si sta sviluppando proprio in questi mesi e potrebbe portare a nuovi record globali di caldo – e la fase fredda della Niña, influenzando il clima e le precipitazioni in tutto il mondo.