Gli investimenti europei dovrebbero guardare al raggiungimento dell’obiettivo del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030. Tre i capisaldi da seguire: aumentare la quota di finanziamenti del Recovery fund, criteri per indirizzare le risorse, una lista delle attività anti-clima da escludere dai fondi. Tra i firmatari Enel, Erg, Illy, Edison, Poste italiane, Acea, Hera, Novamont che dicono, semplicemente, che “il clima non può attendere”
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Con le risorse europee gli investimenti dovrebbero essere più ambiziosi e in linea con la sfida della transizione ecologica per raggiungere l’obiettivo del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 cercando di arrivare a emissioni ‘zero’ per il 2050. Questo il senso dell’appello che cento esponenti di imprese e associazioni italiane – tra cui Enel, Erg, Illy, Edison, Poste italiane, Chiesi, Mutti, Arvedi, Acea, Burgo – hanno lanciato per dire, semplicemente, che “il clima non può attendere: è il momento del fare”.
Tre i capisaldi da seguire: aumentare la quota di finanziamenti dedicati al clima del Recovery fund, criteri legati al clima per indirizzare gli investimenti, una lista delle attività anti-clima da escludere e quindi da non finanziare. L’appello viene rivolto ai parlamentari italiani, ai rappresentanti italiani al Parlamento europeo e ai membri del nostro governo con l’intento di rendere le proposte europee per il clima e l’ambiente ancora più incisive, in vista della negoziazione finale del pacchetto di ripresa europeo prevista per novembre.
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“La transizione verso un’economia ambientalmente sostenibile e climaticamente neutrale – si legge nell’appello – rappresenta una sfida epocale che cambierà il sistema energetico e i modelli di produzione e consumo in tutti i settori”. Nello specifico, gli argomenti relativi alle tre direttrici: portare dal 37% al 50% la quota di investimenti del Recovery and resilience facility – il più importante strumento di finanziamento del pacchetto Next Generation EU – destinati a progetti favorevoli al clima, anche per contribuire a mobilitare i 350 miliardi di euro all’anno di investimenti per il clima e l’energia a livello europeo, stimati dalla commissione Europea; adottare una metodologia chiara per riconoscere gli investimenti favorevoli al clima, come quella definita dal regolamento europeo per la ‘Tassonomia per la finanza sostenibile’; fare una lista delle attività da escludere introducendo un insieme di attività economiche che non possono accedere ai finanziamenti del Recovery and resilience fund perché incompatibili con il taglio delle emissioni e con il target di neutralità carbonica entro il 2050.
“Puntiamo ad avere un buon Piano per la ripresa – ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – quindi a evitare che da una parte si spenda per tutelare il clima e l’ambiente e dall’altra si finanzino con le risorse europee anche misure che danneggino il clima e l’ambiente. Gli investimenti nelle misure per il clima vanno aumentati perché hanno anche un grande potenziale di trascinamento economico e occupazionale in vari settori”: per esempio nelle energie rinnovabili, nel risparmio energetico negli edifici e nell’industria con l’economia circolare, nel cambiamento per una mobilità più sostenibile. “Senza trascurare di finanziare anche misure di adattamento climatico che riducano la vulnerabilità delle città”, per esempio di fronte al dissesto idrogeologico o alla siccità.
Tra gli altri firmatari dell’appello, Catia Bastioli (amministratrice delegata Novamont), Francesco Starace (amministratore delegato Enel), Edo Ronchi (presidente Fondazione per lo sviluppo sostenibile), Renato Boero (presidente Iren Group), Michaela Castelli (presidente Acea), Tomaso Tommasi di Vignano (presidente esecutivo Gruppo Hera), Filippo Brandolini (vicepresidente Utilitalia), Simone Togni (presidente Anev), Giovanni Corbetta (direttore generale Ecopneus), Massimo Centemero (direttore generale Cic).